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Vandal
Ancora un ragazzo protagonista del concorso del Torino film festival. Dopo il venezuelano Pelo malo, ritratto di un ragazzino sofferente per l'anaffettività della madre, ecco irrompere sullo schermo Chérif, adolescente alle prese con la difficoltà di crescere. Siamo in Francia, precisamente a Strasburgo, dove il giovane alquanto turbolento è stato spedito a casa degli zii nella speranza che un ambiente diverso sia sufficiente a tenerlo fuori dai guai. Ma lontano dalla madre e sopratutto dall'amato fratellino, Chérif ha grandi difficoltà a trovare il proprio posto nel mondo. Pieno di rabbia, della sana rabbia che anima tutti alla sua età, ha il problema di capire come veicolarla in modo sano e liberatorio. A questo pensa l'apparentemente irreprensibile cugino, di giorno studente modello di notte graffitaro. La scoperta del mondo che cercava.
Facile catalogare Vandal come l'ennesima fotografia di adolescente inquieto che il cinema francese sforna con invidiabile facilità. È vero, lo è, per arrivare tuttavia a certi risultati bisogna avere la mano felice e una sensibilità speciale. Cisterne, alla sua opera prima, racconta con straordinaria adesione il cammino del ragazzo, mai eccedendo nel sentimentale o nel drammatico. Narratore già maturo si limita a mostrare gli eventi lasciando che a conquistare il cuore dello spettatore sia la battaglia interiore che il giovane compie con se stesso, fino alla scoperta dell'arte come possibile via di salvezza. Il tutto accompagnato da dialoghi perfettamente aderenti alla realtà e facce di contorno di imbarazzante realismo. Resta da chiedersi dove le trovino, vista la povertà cui ci ha abituato il nostro cinema. Per non parlare del protagonista, intenso e sofferente senza strafare. Un esordio di alto livello, e un possibile candidato al premio finale.