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U.S. Palmese
Etienne Morville (Blaise Afonso) è un astro nascente del calcio mondiale. Proveniente dalle banlieue parigine, cerca l'affermazione definitiva a Milano. Ma il temperamento è quello che è e una lunga squalifica, oltre ad un comportamento fuori dal campo non proprio esemplare rischiano di spegnerne anzitempo la stella. A migliaia di chilometri di distanza, nel piccolo comune di Palmi, in provincia di Reggio Calabria, un umile pensionato, don Vincenzo (Rocco Papaleo), inizia a cullare un'idea a dir poco fantascientifica: chiedere 300 euro ad ognuno dei 18.000 abitanti della piccola cittadina per tentare di ingaggiare quel fuoriclasse e farlo giocare nella squadra amatoriale del luogo, l'amatissima U.S. Palmese.
Terminata la trilogia di Diabolik, Marco e Antonio Manetti si portano nella città natale della mamma (e loro luogo del cuore) per realizzare questa commedia che sa unire la follia di un grande sogno alla favola calcistica.
Per farlo giocano con il grande paradosso che ormai da anni affligge il calcio moderno: calciatori diventati aziende che oltre a dimenticare le proprie umili origini dimenticano ben presto anche la gioia primordiale di un gioco, quello del pallone, che invece nelle piccole realtà di provincia ancora mantiene una valenza sana, collettiva, lontana da quei riflettori (e da quei soldi) che troppo spesso ne corrompe l’anima.
Facendo scontrare, poi incontrare questi due "mondi", U.S. Palmese – oggi in Grand Public alla Festa di Roma, dal 20 marzo 2025 in sala con 01 distribution – da una parte restituisce l'affresco di un sud Italia affrancato dai soliti stereotipi depressivi e malavitosi (sì, c'è anche un mafioso, d'accordo, ma qui viene "sfruttato" in favore della causa), dall'altra tenta di ristabilire un rapporto cinematografico con il calcio mescolando la realtà della sua narrazione (i contributi dei vari giornalisti, opinionisti e telecronisti di Sky Sport, da Compagnoni e Marchegiani a Caressa e Bergomi in voce, passando per i vari Bonan, Di Marzio, Marocchi, Capello e Condò) alla "fantasia" di stilemi cari alle varie animazioni nipponiche à la Holly e Benji, con quelle fasi di gioco al ralenti o inseguite da improvvisi schiaffi sul dettaglio che amplificano la portata del gesto tecnico o la goffaggine di un tentativo che va a vuoto (vedi il clamoroso liscio in allenamento del centravanti della U.S. Palmese).
Come di consueto nel cinema dei Manetti, poi, non mancano il gusto del rimando, l'ironia plateale (il gruppetto dei Palmisani che ruotano intorno alla figura di don Vincenzo, dal professore Gianfelice Imparato, sempre pronto a citazioni colte per sottolineare l'andamento degli eventi, passando per il macellaio Massimiliano Bruno e l'avvocato Massimo De Lorenzo), le boutade "nascoste" - il nome dell'eterna riserva, Reddocili Peppe, leggasi Red Hot Chili Peppers... -, le interpretazioni indimenticabili (l'allenatore della squadra, un come sempre gigantesco Max Mazzotta), soprattutto non viene meno lo spirito che ne anima da sempre le varie opere, l'ambizione di farsi voler bene inseguendo storie apparentemente impossibili, come appunto questa di Etienne (un curioso mix tra Balotelli e Leao...) e di Palmi.
Con il primo arrivato lì per aiutare una squadretta di non professionisti, ma sarà proprio quella squadretta, quella gente, ad aiutare lui.