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Pechino. Giorni nostri. Tre solitudini si intrecciano nella caotica quotidianità della megalopoli orientale. Yong Le, un ragazzo, e Xiao Yun, una ragazza, entrambi migranti dal sud del paese, sbarcano il lunario come possono, lui tra rivendite di mobili usati e lei come spogliarellista. Entrambi vivono in un seminterrato assieme ad altre famiglie, ma il loro incontro sembra dare finalmente all’esistenza grama che conducono una scintilla di calore umano. Ai due, si aggiunge infine Lao Jin, alle prese con alcuni speculatori intenzionati a demolirgli la casa, spuntando il minor prezzo possibile sui suoi terreni.
Pengfei, regista all’esordio nel lungometraggio, racconta di vite sradicate e dei “guasti provocati dai progetti di delocalizzazione” sul tessuto familiare della società cinese. Ne esce fuori un quadro agghiacciante, come sempre più di frequente la cinematografia cinese che arriva in occidente continua a documentare. Anche qui, come già nel leggendario In the mood for love del maestro Wong Kar-wai, tutto si gioca fra squallidi e claustrofobici interni e anche qui l’amore sembra essere l’unica via di uscita, seppur votata al fallimento, da una condizione esistenziale che degrada l’uomo riducendolo a poco meno di un oggetto e al mutismo. Una buona prova, con piccoli ma intensi momenti di poesia. In concorso alle Giornate degli Autori.