PHOTO
Under the Volcano
Per raccontare l’Europa di oggi è impossibile eluderne le contraddizioni culturali, le ambiguità politiche, i contraccolpi della storia sulle vicende personali. Sembra essere diventata una conditio sine qua non, quasi a voler ribadire ogni volta l’evidenza del fallimento: lo Stato dell’Unione è l’anatomia di una disgregazione. Il polacco Damian Kocur, già premiato a Venezia con la sua opera prima Bread and Salt (Premio della Giuria in Orizzonti nel 2022), non si tira indietro di fronte al dramma e con Under the Volcano, in Concorso ad Alice nella Città, fa una scelta di campo: legge l’occupazione russa in Ucraina senza metterla in scena, anzi allontanandosene fisicamente.
Lo fa raccontando il destino di una famiglia ucraina in vacanza a Tenerife, che da un giorno all’altro, nel febbraio del 2022, scopre che i voli per Kiev sono stati annullati a causa del conflitto e si ritrova così rifugiata, cioè intrappolata, nell’isola.
Il punto di partenza è comune (lo scoppio di una guerra ha sempre delle ricadute anche su chi non sta al fronte ma a chilometri di distanza) ma Kocur guarda al Michael Haneke di Happy End (con più calore, ma il tema del crollo dei valori è sintonico) e al Ruben Östlund di Forza maggiore (decisamente con meno umorismo cupo, ma l’osservazione sull’impatto dei disastri è analogo) e lavora soprattutto sul precario equilibrio della famiglia svelato dall’esplosione del conflitto.
Se la relazione tra marito (Roman Lutskyi, già visto in Reflection di Valentyn Vasyanovych, ancora una volta calato nei nervi di un uomo che subisce il conflitto) e moglie (Anastasia Karpenko) è messa alla prova, così come la sicurezza piccolo-borghese (la vacanza esotica ma non troppo ne è il segnale) sintomo della disgregazione sentimentale, è altrettanto interessante la dimensione adolescenziale. Che è il vero filtro del racconto come lo era nel più intimo Bread and Salt, con i figli di lui che, di fronte al trauma, lasciano deflagrare l’ostilità per la matrigna, l’ansia sociale, lo spaesamento.
A volte sconfina in un formalismo arthouse, ma Kocur, che ha anche scritto il film con Marta Konarzewska, è più un anatomopatologo che uno psicologo, e le luci di Nikita Kuzmienko lo aiutano a costruire un’immagine che è una claustrofobia en plein air. Il romanzo di Malcolm Lowry non c’entra niente, se non su un piano superficialmente allegorico: Under the Volcano, cioè Sotto il vulcano, si riferisce a quello che sovrasta Tenerife, quieto ma minaccioso come il coacervo di conflitti privati al crocevia di quelli collettivi.