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Under the Skin
Raccontare i rapporti umani attraverso la fantascienza non è un colpo di genio. Jonathan Glazer però con Under the Skin, in concorso a Venezia, riesce a trovare la chiave per rendere l'idea originale, sfidando lo spettatore, affrontandone anche i fischi (com'è successo durante la presentazione per la stampa), ma giocando con coraggio le sue carte che non sono solo, grazie al cielo, il generoso corpo di Scarlett Johansson. La quale interpreta un'aliena che adesca maschi umani per permettere alla propria specie di cibarsene. Poco a poco però, il contatto con l'umanità la cambierà, la farà smarrire, la porterà irrimediabilmente a contatto con quella che si potrebbe definire la sua anima. Scritto da Glazer con Walter Campbell, a partire da Sotto la pelle di Michael Faber, Under the Skin è un dramma fantascientifico, praticamente muto, gelido e rarefatto che però ha, tra i vari pregi, quello di trovare un modo originale e coerente, “alieno”, per mettere in scena i suoi contenuti.
Glazer infatti, attraverso la duttilità narrativa del genere, mette in scena il cinismo con cui si consumano i rapporti umani, non solo quelli di natura sessuale al centro della dinamica tra la protagonista e il resto del mondo (o meglio della Scozia), ma anche quelli affettivi, sino al semplice contatto visivo: come un famelico extra-terrestre, l'uomo si nutre di chi ha intorno, come un parassita lo svuota, lo manipola per trarne vantaggio. Ovviamente il film mette in scena il percorso opposto e più interessante, quello della scoperta dell'umanità in esseri – o sistemi, o società – disumani, supportando questa scelta anche attraverso lo stile. La follia, la sperimentazione visiva ai limiti della video-arte, l'incipit kubrickiano (la “nascita”) e l'estrema suggestione figurativa si sciolgono poco a poco in una sorta di realismo sospeso che accompagna la protagonista verso la scoperta di sé e il suo destino.
Proprio con questo cambio il film forse tende a perdersi e a confondersi un po', ma Under the Skin è una sorpresa piena di idee folgoranti in senso visivo (la casa in cui avvengono i sacrifici è una scoperta sensoriale continua), musicale (partitura bellissima di Mica Levi) e narrativo, con la regia radicale e distante perfetta per descrivere il punto visivo spiazzante dell'aliena, per stimolare lo spettatore che riesce a entrare nel suo scostante mood, una Scarlett Johansson che dona il suo corpo ma sa farlo interagire in modo notevole con gli spazi e le inquadrature. Piacerà a pochi, probabilmente, ma a Under the Skin non si può negare una voglia di stupire che manca alla maggior parte del cinema contemporaneo, specie di genere.