Dramma da camera con vista totalitaria. È Under the Grey Sky, esordio della polacco-bielorussa Mara Tamkovich presentato in prima mondiale al Tribeca Film Festival e laureato al 49. Polish Film Festival di Gdynia migliore opera prima o seconda.

Finanziato dal Polish Film Institute col programma per esordi microbudget Objective VI (fino a 250mila euro di finanziamento e circa 12 mesi per realizzarlo), Under the Grey Sky inquadra la relazione tra la reporter televisiva Lena (Aliaksandra Vaitsekhovich) e il marito Ilya (Valentin Novopolskij) sotto il regime di Alexander Lukashenko.

Con due camere e prigione, anziché il proverbiale tinello, si torna alla Bielorussia del 2020, allorché si protesta per le elezioni truccate: la giornalista antiregime Lena trasmette live la brutale repressione di una manifestazione pacifica, finendo per essere ripresa da un drone della polizia. La donna, insieme all’operatrice, viene arrestata: Ilya fa di tutto per liberarla, ma le autorità sono di diverso avviso.

Scritto e diretto da Tamkovich, aperto da flashback sulla coppia, il film è ispirato alla storia vera dei giornalisti bielorussi Igor Ilyash e Katsiaryna Andreyva, arrestati nel novembre 2020.

“Nei miei personaggi cerco una prospettiva personale e umana su come affrontare un mondo del genere. Come può un individuo opporsi al sistema?”, riflette la sceneggiatrice e regista, che davanti alla camera mette lo stato dell’arte in Bielorussia: dal 2020, oltre 136.000 persone hanno subito vari tipi di persecuzioni politiche e quasi 1.400 sono da considerarsi prigionieri politici - il numero effettivo è molto più alto e aumenta ogni giorno.

Under the Grey Sky fa di piccolo budget non ristrettezza poetica ma surplus formale (luce naturale, interni, pochi personaggi), declinando l’impegno civile in guerrilla style: secco, schietto, qui e là rischiarato da insight politico-relazionali à la Asghar Farhadi, Under the Grey Sky è un piccolo grande film. Portatecelo in Italia.