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Under Electric Clouds ha aperto la sesta giornata di concorso della Berlinale. L’unico film russo in corsa per l’oro. Un complesso mosaico dell’anima russa, si potrebbe riassumere così il lavoro del regista Alexey German Jr. Visionario, surreale, fortemente politico. Un film che avrebbe potuto tranquillamente girare il Presidente della giuria, il regista Americano Darren Aronofsky.
Tutto inizia con un paesaggio: orizzonte grigio, corsi d’acqua lunari, giganteschi pali di cemento, un’insegna luminosa malinconica ricorda un hotel mai costruito. E poi le statue sparse ovunque, una di Lenin con il braccio alzato che indica il nulla. Quello che segue nei 130 minuti successivi è una messa in scena di personaggi tristi che German fa apparire e scomparire apparentemente senza un piano nei sette capitoli in cui ha diviso Under Electric Clouds. I personaggi, un architetto strambo, una guida turistica che andò sulle barricate con Gorbaciov, una figlia che deve gestire l’eredità del padre appena morto, uno studente che incontra un amico dal futuro. Un’umanità varia, unita dal desiderio di un’altra vita. Gli spazi dei paesaggi russi sono immensi, eppure nel film di Alexey German sembrano prigioni. Il regista conosce bene la storia del cinema, e cita Fellini, Bergman e naturalmente il grande figlio privilegiato del cinema sovietico Andrei Tarkovski. È evidente la presenza di riferimenti alle pellicole Specchio e L’infanzia di Ivan del maestro russo.
Ma oltre il cinema il punto di riferimento più forte di questo regista è e resta Anton Čechov. I personaggi di Under Electric Clouds potrebbero uscire da un suo libro; dove ogni fuga, ogni dolore, ha sempre qualcosa di assurdo. Proprio come nelle immagini fisse del cinema di German. Il film pare sia piaciuto molto alla critica presente alla proiezione, alcuni però lo hanno accusato di fuga al passato, di rifiuto elegiaco del presente. Troppo scarsa o inesistente insomma una critica aperta e forte a Putin, secondo alcuni. È vero invece il contrario. German Jr. ci permette uno sguardo sulla mentalità russa come pochi film, oggi, sarebbero in grado di fare. Una mentalità con mille e contraddittorie divisioni. La violenza mafiosa, la malinconia struggente per una Russia migliore, l’amore come pozione magica anche nella variante crudele del Paese.
German ci accompagna per la sua Russia visionaria e ci fa conoscere una verità semplice: la Russia di cui molto si parla in questi giorni, unita e unica, non è mai esistita. Tantomeno oggi.