Le ispirazioni sono esplicite. Nel primo caso anche nel titolo: Robert Altman con il suo Terapia di gruppo (1987). Nel secondo Ma che colpa abbiamo noi (2002) di Carlo Verdone per la trama davvero molto simile. Lì erano otto i personaggi in cerca di uno psicoanalista (spiazzati dalla morte della loro psichiatra si ritrovavano alla ricerca di un sostituto), qui, strizzando l’occhio a Pirandello, sono invece sei ovvero Claudio Bisio, Margherita Buy, Claudio Santamaria, Valentina Lodovini, Leo Gassmann e Ludovica Francesconi. L’autore c’è, lo dirige Paolo Costella, ma al solito manca l’analista, questa volta secondo quanto riferito dalla segretaria, interpretata da Lucia Mascino, rimasto bloccato su un volo.

Traendo spunto dal soggetto originale di Laurent Baffie e dall’adattamento spagnolo di Julian Quintanilla Toc Toc diretto da Vincente Villanueva, ma al contempo discostandosene, questa commedia corale e condita da qualche siparietto divertente, prodotta da Warner Bros. Entertainment Italia e Roberto Sessa per Picomedia, parla di sei persone affette da Disturbo Ossessivo Compulsivo: dalla sindrome di Tourette (Bisio) alla mania del controllo (Buy) e a quella della pulizia (Lodovini), da chi è ossessionato dal calcolo matematico (Santamaria), a chi è dipendente dal cellulare (Gassmann) fino alla ragazza che ripete sempre tutto due volte (Francesconi). Ed è proprio quest’ultimo il “disturbo” che affligge il film: il rischio ripetizione. Per dirla in termini più cinematografici o alla Parthenope: quello del già visto e dell’era già tutto previsto.

Rimanendo in casa e ai giorni nostri (2023) poco si discosta da Volare, film d’esordio della stessa Margherita Buy sulla paura di volare e su un gruppo di sconosciuti, diversissimi tra loro, ma accomunati dallo stesso problema, che cercavano di superare insieme questo limite ossia l’aerofobia. L’ambito (come afferma lo stesso regista in conferenza stampa) è in sostanza quello del filone “psicoterapeutico” e dei già nominati: Verdone e Altman.

E possiamo aggiungervi anche Terapia di coppia per amanti (2017) di Alessio Maria Federici, tratto dall’omonimo libro di Diego De Silva, che portava in scena il paradosso di due amanti (Angiolini-Sermonti) che andavano sul lettino non per fare sesso sfrenato, ma per capire meglio la loro relazione. Un film che aveva il merito di dare un po’ di respiro al genere. Ed è proprio quel respiro che manca al film di Costella: leggero con il merito (e lo scopo?) di avvicinare il pubblico alle fragilità altrui, ma allo stesso tempo con il pericolo dell’eccessiva semplificazione. Pericolo scongiurato da altri film sulla stessa scia, forse proprio per quel pizzico di novità in più che qui sembra mancare. Insomma un po’ come il luminare della psicoanalisi si resta bloccati su un volo in partenza. Eppure il gruppo terapeutico, ovvero gli attori e le attrici, era ben assemblato.