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Una famiglia perfetta
"La felicità non si compra. Si affitta". Il claim di Una famiglia perfetta parla chiaro, pur rischiando di sintetizzare troppo il senso profondo del nuovo film di Paolo Genovese. Che punta ancora alla coralità dopo il successo dei due Immaturi, costruendo però questa volta una sorta di "commedia da camera" tanto ambiziosa quanto riuscita: lo spunto - seppur (come ricordato dall'autore stesso) debitore dello spagnolo Familia di Fernando Leon de Aranoa - è stuzzicante, lo sviluppo è adeguatamente strutturato, anche grazie ad una prova d'attori encomiabile, la chiusura è significativa nel dare il senso compiuto ad un'opera che, mai come in questo caso, possiamo considerare degna ereditiera della miglior commedia all'italiana. Il film - quasi interamente ambientato in un'enorme casale di Todi - racconta lo stravagante investimento di Leone (Castellitto), ricco cinquantenne solitario, che affitta una compagnia di attori per far loro interpretare la famiglia che non ha mai avuto durante la notte di Natale. Il capocomico Fortunato (Giallini) veste i panni di suo fratello, Carmen (Gerini), nella realtà sposata con l'attore, interpreta invece la moglie di Leone, Sole (Carolina Crescentini) è la compagna di Fortunato, l'anziana ex diva Rosa (Ilaria Occhini) è la madre, i giovani Luna (Eugenia Costantini) e Pietro (Eugenio Franceschini) sono i figli, insieme al piccolo Daniele (Giacomo Nasta), che però sulle prime Leone decide di rimpiazzare con un altro bambino-attore (Lorenzo Zurzolo), conosciuto nell'ambiente come "il professionista": tutti, per assicurarsi il compenso, dovranno attenersi scrupolosamente ad un copione. Peccato però che Leone spesso e volentieri decida di cambiare le carte in tavola...
Finzione e realtà si mescolano, la riflessione di partenza si amplia: oltre al discorso sulle scelte e le conseguenti rinunce, sui rimpianti e sulla solitudine, il film dichiara apertamente il proprio amore al mestiere dell'attore, arrivando - come altre poche volte il nostro cinema recente ha fatto (forse con La vita che vorrei di Piccioni) - a ragionare sul sottile confine che separa la verità dalla recitazione, la vita dall'arte. Un film costantemente in bilico, dunque, che non sceglie mai se essere più commedia o dramma, e che proprio per questo riesce a mantenere sempre in tensione l'emotività della fruizione. Un film che, forse più lungo del necessario, si prende però tutto il tempo di cui ha bisogno per accompagnare poco a poco l'approfondimento di ogni personaggio e che, in un altro paese forse, sarebbe stato portato in sala durante le festività natalizie. Meglio "sacrificare" gli utili 2 soliti idioti...