PHOTO
Un matrimonio mostruoso (credits: Chiara Calabrò)
Non fu un successo strepitoso, Una famiglia mostruosa, quando uscì nell’autunno del 2011 mentre il Covid seminava il panico e imponeva restrizioni. Ma se, quasi due anni dopo, ne arriva il sequel, evidentemente quel film ha ottenuto riscontri altrove. Sulle piattaforme e sulle pay tv? Certo, anche perché sembrano ormai territori elettivi per quelle commedie italiane che un tempo reggevano il box office e oggi fanno più fatica a racimolare milioni. Teniamo conto che, nella stagione che ormai volge al termine, a parte due commedie “fuori standard” come La stranezza e Il sol dell’avvenire, le uniche a superare la soglia del milione di euro sono state Tre di troppo, Grazie ragazzi, I migliori giorni e Scordato.
Con un’uscita che con qualche generosità potremmo definire coraggiosa, Un matrimonio mostruoso affronta di petto l’atavica pigrizia estiva degli spettatori italiani con un prodotto popolare ma che non nasconde qualche ambizione. Da una parte, c’è l’intento di ritrovare gli spettatori del prototipo e, al contempo, allargare la platea cinematografica con chi ha visto il film a casa; dall’altra, c’è il tentativo di intercettare più pubblici sotto il grande cappello del target familiare: gli affezionati della commedia “alla Lucisano” (facce ricorrenti, tendenza romana, equivoci farseschi), i fan di una comicità più demenziale, i bambini suggestionati dalle atmosfere fantastiche.
Il sequel inizia con il funerale di Nando, capofamiglia del clan Cornicioni che, per una tragica fatalità, sembra sia finito in una doccia di cemento a presa rapida. In realtà è volato in un paradiso fiscale per sfuggire ai creditori, come ben sa sua moglie Stella, che però ignorava che al seguito del marito c’è anche la gemella. Per saldare i buffi del fuggiasco/defunto, Stella, con la complicità del cognato Remo (marito della sorella, fratello di Nando e innamorato della cognata), decide di sedurre il consuocero Vladimiro, in crisi matrimoniale con Brunilde, a sua volta nel pieno della menopausa delle streghe.
Il matrimonio del titolo è proprio quello che vorrebbero contrarre Stella e Vladimiro, mentre attorno a loro si muovono gli altri membri della famiglia allargata: Adalberto e Luana, neogenitori di lupacchiotti mannari, continuano a cercare un equilibrio; Salmetta, vampira bambina, tormenta il povero Ivano; zia Monia si invaghisce di una mummia; zio Nanni si fa trapiantare il cervello di Isadora Duncan (riferimento alto e non proprio immediatissimo...) e diventa donna, facendo innamorare Glauco Terrabruciata, padre di Stella e strozzino navigato.
A parte l’uscita di Lillo (ma anche dei comprimari Pippo Franco e Barbara Bouchet) e il re-casting di Paola Minaccioni che prende il posto di Lucia Ocone, il cast originale torna in blocco con alcune new entry: in un tripudio di gigionismo, spiccano Paolo Calabresi e Maurizio Mattioli (“Me se ‘mpiccia er fero” riferito alla pistola che porta sempre con sé), caratteristi al solito sapienti e particolarmente straripanti in questo contesto.
Le battute, anche di grana grossa, funzionano, gli effetti speciali, pur non particolarmente elaborati, pure, Volfango De Biasi si conferma regista valido, ma la trama è un po’ contorta, la carne al fuoco è troppa, i personaggi e le rispettive linee abbondano, il minutaggio sbrodola. Non è che il problema sta nelle troppe mani in sede di sceneggiatura?