Nel rapporto tra schermo cinematografico e mondo videoludico mancava la versione di finzione di Minecraft, il gioco creato da Markus Persson e lanciato dalla svedese Mojang Studios nel 2011, stimato come il più venduto di sempre. Ci pensa la Warner Bros, forse dopo il successo di Barbie, mettendo Jared Hess al timone di Un Film Minecraft, uscito il 3 aprile e dominante al box office (migliore weekend d’esordio del 2025).

Un regista che viene dall’indie e aveva firmato Super Nacho, inaugurando il sodalizio con Jack Black, e che poi ha riparato nella zona industriale del cinema americano con titoli come Mastermids e Thelma l’unicorno. Tutto sommato, comunque, è uno col grottesco nelle vene come attestava il monaco lottatore Nacho, una “stranezza” che però in ultima istanza ripara nell’agrodolce e nel lieto finale.

Un Film Minecraft inizia negli anni Ottanta. Qui il fulcro del videogioco, Steve col volto e corpo di Jack Black, per alcune circostanze si infila in una miniera e trova l’Orb della Dominanza e il Cristallo della Terra, finendo per entrare nell’Overworld, ovvero l’“oltremondo” cubico che sottende alla base del concetto. Qui Steve può costruire ciò che vuole attraverso l’immaginazione, mentre di notte compaiono zombi e morti viventi che si dissolvono all’alba.

Ad ogni modo il nerd cesella il suo universo personale: costruzioni su misura, forme amiche compreso un lupo addomesticato che chiama Dennis. Quando si ritrova in un portale che lo conduce nel Neither, fa la conoscenza della “cattiva”: la sovrana piglin Malgosha, creatura cubica con sembianze suine, insomma la strega di Minecraft.

Steve affida l’Orb e il Cristallo al lupo, che lo nasconde sotto il letto nel nostro mondo. Proprio qui, nel presente, viene ritrovato da Garret Garrison detto The Garbage Man (Jason Momoa), ex campione di videogiochi oggi fallito, che gestisce uno store e vive solo della sua vanagloria; nella classica asta trova gli oggetti magici, finirà nell’Overworld insieme ai fratelli Henry e Natalie, che hanno appena perso la madre, e a Dawn, un’agente immobiliare che vuole aprire uno zoo particolare.

Una volta dall’altra parte inizia l’avventura: devono capire come uscirne, sconfiggere i villains o almeno non farsi impallinare, ma non solo. L’idea che genera il franchise Minecraft è infatti quella della creatività: non a caso, sin dall’inizio, il giocatore è un costruttore chiamato proprio a edificare il mondo personale, cioè ad aprire la mente e dare libero sfogo all’immaginazione – una delle chiavi della gloria planetaria del sandbox game.

Un Film Minecraft
Un Film Minecraft

Un Film Minecraft

(Courtesy of Warner Bros. Pictures)

Nel gesto di trasposizione, dunque, Jared Hess rispetto l’approccio e disegna una serie di personaggi “imbrigliati”, in difficoltà o già falliti, segnati da problemi più o meno evidenti del contemporaneo (l’insoddisfazione, il lutto, il bullismo e così via). Loro sono chiamati a salvare la pelle, fino al ritorno a casa, e insieme a realizzare se stessi ossia capire qual è il modo più giusto per concretizzare i talenti, superando l’impasse e il blocco esistenziale. Una dinamica tipica del cinema indipendente che il regista conosce e che replica qui su vasta scala.

Ma c’è da dire anche un’altra cosa: un titolo come Un Film Minecraft si guarda soprattutto per l’aspetto visivo. A parte il “messaggio” o le tracce didattiche che semina (il mondo reale può essere il tuo Overworld), la retina vuole verificare cosa c’è dall’altra parte, le potenzialità immaginative così ampie da essere teoricamente infinite. Ed è qui che vanno in scena cubi in 3D, animali fantastici e colorati come panda, alpaca e pecore rosa, cattivi che corteggiano il genere tra mostri, zombi e una sorta di Frankenstein. E va in scena anche l’interazione tra i personaggi, di cui la principale – come prevedibile – è quella tra Jack Black e Jason Momoa, che da litiganti diventano alleati per lo stesso obiettivo (da apprezzare l’auto-ironia di Momoa che mette in parodia la figura virile con tanto di giacca rosa).

Ma è sempre qui, nello spazio dell’immaginazione, che il film finisce per deludere: si succedono a catena lotte, combattimenti, scontri sul ring, fughe e capitomboli, ma con la materia a disposizione e un campo libero così vasto si poteva fare di più. Lo schema d’avventura è di prammatica, il design delle figure dopo la curiosità iniziale mette il pilota automatico, alla fine sono poche le sequenze che restano impresse: di sicuro quella dopo i titoli di coda, dove una donna umana convive con un essere cubico, con tanto di richiesta di matrimonio, in uno schizzo grottesco davvero spiazzante.