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Non è affatto un bel film. La recensione potrebbe anche finire qui, ma è bene spiegare le ragioni per cui il nuovo film natalizio di Leonardo Pieraccioni, scritto con la collaborazione di Paolo Genovese (La banda dei Babbi Natale, Immaturi), sia così poco riuscito.
La trama: Arnaldo, un tranquillo impiegato di banca padre di due gemelle, per un banale equivoco viene sbattuto fuori casa dalla moglie Anita. L'uomo, stanco della routine e della monotonia della sua vita, ne approfitta: spento il telefonino per evitare di essere rintracciato, va a vivere in una stanza ammobiliata in un appartamento condiviso con quattro studenti universitari, tutti con problemi di vita più o meno gravi da risolvere. Tra varie gag e situazioni imbarazzanti che scaturiscono dalla convivenza di un uomo maturo con dei ventenni, Arnaldo saprà aiutare tutti i ragazzi e imparerà a sua volta che la vita non è mai banale e il futuro non è mai scontato, nemmeno dopo i 40 anni.
È difficile salvare l'undicesima fatica di Leonardo Pieraccioni appellandosi al fatto che si tratta di una commedia leggera. Non diverte, non appassiona, non commuove, non intrattiene. Francamente annoia. I comici arruolati in ruoli secondari non fanno mai ridere: Marco Marzocca (altrove bravissimo) e Maurizio Battista insieme appaiono sterili e stanchi, su Panariello è bene non esprimersi, Ceccherini risulta inefficace. E Pieraccioni solo apparentemente si mette da parte, rispetto ai suoi film precedenti, per lasciare spazio ai giovani (bravi) attori e ai loro personaggi: c'è sempre lui al centro di tutto. Potrebbe sembrare, il suo protagonista, una figura che compie una crescita interiore aprendosi agli altri, ma non c'è da fidarsi: il narcisismo del regista-attore, stentatamente represso nella prima parte del film, esplode fragorosamente alla fine, quando Arnaldo diventa all'improvviso una specie di saggio eroe che risolve inverosimilmente (è un eufemismo) i problemi di tutti.
È quasi banale poi sottolineare il fatto che il ritratto dei ventenni proposto dal film sia lontano anni luce dalla realtà. Ma oramai ci abbiamo fatto l'abitudine: il cinema popolare italiano dipinge i ragazzi come una generazione imbelle e noiosa, c'è poco da fare.