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Un attimo sospesi
Roma, oggi. Giornate ordinarie e problematiche quotidiane si intrecciano nell'esistenza di alcuni abitanti del quartiere: dal proprietario di un piccolo alimentari sovrastato dall'ansia alla fotografa e mamma single del piccolo Joe, passando per un'ex cantante ritiratasi a vita privata in una roulotte, per arrivare al vecchio professore, astronomo da anni rinchiuso nel suo grande appartamento. Sullo sfondo, la minaccia di una guerra globale. Mai volgare, ma allo stesso tempo poco incisivo, l'esordio al lungometraggio del sardo Peter Marcias (numerosi corti all'attivo più la docufiction Ma la Spagna non era cattolica?) guarda altissimo – non solo verso la notte stellata, ma a riferimenti un po' troppo fuori portata, vedi Robert Altman – e perde di vista l'obiettivo, così come i personaggi: che entrano in gioco per poi andarsene senza salutare (come nel caso dello psicologo Frassica o della coinquilina del pizzicagnolo, Ana Caterina Morariu), o per segnare prepotentemente il territorio, come la rediviva Farida, cantante alla quale Marcias regala letteralmente il "ruolo" della vita. Riflessione sui massimi sistemi che finisce per accartocciarsi su se stessa, comunque ben accompagnata dalle musiche di Liberatori.