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Ultraviolet
Dopo i due capitoli di Resident Evil la sempre affascinante Milla Jovovich torna protagonista di un action movie girato non più in Europa, ma a Shanghai per la regia dello sceneggiatore tedesco Kurt Wimmer. UltraViolet, però, al di là della elegantissima serie di abiti molto alla moda, indossati dall'ex affascinante Musa di Luc Besson offre poco o nulla allo spettatore. Il film soffre, infatti, di una trama arzigogolata e decisamente non chiara, per una pellicola dall'impianto tanto elementare quanto confusionario. In un mondo che - come dice all'inizio del film la stessa protagonista - gli spettatori potrebbero 'non capire pienamente' (della serie: 'excusatio non petita...'), UltraViolet è una "emofaga", ovvero un vampiro con un nome che sembrerebbe esserle stato appioppato da un assistente universitario. Gli emofagi sono ex esseri umani che un misterioso virus ha trasformato loro malgrado. Gli uomini sono in guerra contro gli emofagi, che tentano di salvarsi dall'estinzione grazie ad una serie di atti di terrorismo portati avanti da agenti pieni di rancore e voglia di vendicarsi come UltraViolet. Il Vice Cardinale, però, è pronto a tutto pur di fermare la sexy terrorista che da infermiera è diventata una sorta di 'arma letale'. Un giorno, però, la donna intercetta una valigetta che - al suo interno - contiene un bambino in grado di salvare il mondo dalla guerra tra umani ed esofagi. Un po' Aeon Flux, un po' Underworld e - in certe scene - perfino un po' Matrix, UltraViolet è un film dove ruoli e situazioni non sono affatto chiari e dove i buchi della sceneggiatura di Wimmer sono resi ancora più evidenti da un montaggio con un ritmo più da videoclip che da pellicola pensata per il grande schermo. Nonostante la bellezza carismatica della Jovovich (fortunatamente presente quasi in ogni inquadratura) UltraViolet manca di originalità e spessore in un crescendo di deja vu che ha portato - si dice - all'allontamento del regista dalla sala di montaggio per la versione finale del film. Un pasticcio che rende questo divertissment l'ennesima variazione sul tema di vampiri e affini: una produzione di cui - nonostante il fascino della protagonista - si poteva fare veramente a meno per la sua fragilità narrativa e per la sua tenue ispirazione visiva.