La narrazione seriale, con i suoi tempi e i suoi spazi, sembra quella più giusta per contenere non solo la forma ma anche il contenuto di Tutto chiede salvezza, il commovente romanzo autobiografico di Daniele Mencarelli con cui Francesco Bruni debutta nella regia di una miniserie (disponibile su Netflix).

Sette puntate che corrispondono ai sette giorni di trattamento sanitario obbligatorio ai quali viene sotto sottoposto il ventenne Daniele Cenni, ricoverato in un reparto di psichiatra dopo una violenta crisi di rabbia contro i genitori. È una settimana estiva, afosa e rovente, un periodo in cui tutti cercano di evadere dalla quotidianità e certo non pensano a chi si trova in un ospedale a combattere con(tro) i propri demoni.

Si parte da qui, ed è già il cuore del racconto, da questa spaccatura tra ciò che sta fuori (gli svaghi in spiaggia, i trampolini per tuffarsi in piscina, le serate in discoteca, la possibilità di attraversare notti selvagge) e quel che accade dentro (il dolore che non trova pace, la noia di infiniti momenti morti, le finestre che promettono e non possono mantenere, il sole che sembra non tramontare mai sulle cene consumate troppo presto rispetto alla routine) nell’estate del nostro – di Daniele e degli altri, sanitari compresi – scontento.

Federico Cesari in Tutto chiede salvezza. Cr. Andrea Miconi/Netflix © 2022
Federico Cesari in Tutto chiede salvezza. Cr. Andrea Miconi/Netflix © 2022
Federico Cesari in Tutto chiede salvezza. Cr. Andrea Miconi/Netflix © 2022

Con il mare a segnare il confine tra il diritto al sogno e la necessità del bisogno: in questo senso Anzio è un’ottima location, perché la cittadina balneare nell’agro romano si presta bene a essere luogo straniante eppure potenzialmente caloroso, con il decadente ospedale non lontano dal faro del molo. Da autore sensibile qual è – e da intelligente traduttore di testi altrui come a volte gli capita – Bruni ha capito che nel dramma umano di Tutto chiede salvezza non c’è solo una parabola di formazione incredibile per la capacità di rendere collettiva una storia così personale nel suo essere borderline, ma anche un microcosmo spesso raccontato restando sulla superficie, ora patetica (come si affronta il disagio mentale con compassione ma senza compatimento?) ora funzionale ad altri generi (medici e infermieri, qui visti attraverso la lente del degente e non viceversa).

Al regista e sceneggiatore interessa raccontare come il protagonista riesca a farsi narratore – e poeta, perché la realtà ha bisogno di un volo e non può essere sempre ostaggio del realismo: è un coming of age anche “professionale”, considerando che il seme della scrittura di Mencarelli è in quella settimana di ricovero – e come sappia far dialogare ciò che gli capita con pezzi che affiorano dal passato recente, calandosi dentro una narrazione in prima persona che è anche percorso terapeutico.

La scelta di Federico Cesari è straordinaria, sia per la schiettezza di una recitazione molto credibile e mai affettata sia per il valore del suo statuto attoriale. La presenza di Cesari, infatti, mette in connessione Tutto chiede salvezza con quell’universo di teen drama adolescenziali che ha il suo titolo più emblematico in SKAM, la magnifica serie disponibile su Netflix (appunto) che, non a caso, ha lanciato l’attore.

Fotinì Peluso e Federico Cesari in Tutto chiede salvezza. Cr. Andrea Miconi/Netflix © 2022
Fotinì Peluso e Federico Cesari in Tutto chiede salvezza. Cr. Andrea Miconi/Netflix © 2022
Fotinì Peluso e Federico Cesari in Tutto chiede salvezza. Cr. Andrea Miconi/Netflix © 2022

Perciò è interessante l’inserimento della linea romantica, assente nel romanzo in questi termini così espliciti, con Daniele invaghito di Nina (la sempre splendida Fotinì Peluso, già in Cosa sarà di Bruni), già sua compagna di liceo e ormai diventata attrice e influencer irraggiungibile, e che sembra provenire proprio da quel mondo evocato dai nuovi divi della serialità young adult, svelandone le tenebre dietro i filtri, le ferite oltre il trucco, la paura celata dai doveri imposti da produttori e genitori (la mamma, spaventata quindi incarognita, è Carolina Crescentini).

Non è un caso che Bruni abbia scritto i sette episodi con due giovani sceneggiatori, Francesco Cenni e Daniela Gambaro, testimoniando quel dialogo con la “generazione dei figli” che caratterizza buona parte della sua filmografia (certamente tutti i film da regista, ma anche alcuni lavori con Paolo Virzì) e che lo rende uno dei pochi autori italiani a sapersi mettere in ascolto di ragazze e ragazzi, senza arroccarsi in posizioni paternalistiche né cedendo a un facile ammiccamento giovanilista.

E lo fa dando voce all’irrequietezza e all’inquietudine di chi si sente spaesato rispetto a un mondo incapace di capire e accogliere, non rinunciando mai a quella chiave segreta di comprensione del reale che è la cifra dello sguardo di Bruni: l’umorismo per leggere il dramma, un’indulgenza che non fa rima con la condiscendenza ma a che fare con la comprensione e la generosità, l’attenzione sincera ed empatica nei confronti dei personaggi difettosi.

Tutto chiede salvezza. Cr. Andrea Pirrello/Netflix © 2022
Tutto chiede salvezza. Cr. Andrea Pirrello/Netflix © 2022
Tutto chiede salvezza. Cr. Andrea Pirrello/Netflix © 2022

Forse non tutto funziona (le parentesi oniriche non sembrano giovare del passaggio dalle parole del libro alle immagini della serie) e qualcosa resta un po’ sacrificato (benché siano piuttosto forti i frammenti familiari, specie quelli con i genitori, Lorenza Indovina e Michele La Ginestra, colti nel loro dolente smarrimento), ma è ottimo e raro l’equilibrio tra brio e malinconia, tragedia e speranza, con l’apporto fondamentale di un cast davvero in forma.

Citiamo almeno lo psichiatra disincantato e scontroso di Filippo Nigro, Vincenzo Crea che non trasforma in macchietta il compagno di stanza queer, Bianca Nappi che cerca nei turni di notte l’evasione da giornate devastanti, Andrea Pennacchi e Vincenzo Nemolato in camera, Raffaella Lebboroni come dottoressa comprensiva ma stanca. Ma su tutti spicca un Ricky Memphis in stato di grazia nei panni dell’infermiere cinico e inasprito da una vita in trincea, mal retribuita e peggio esperita, eppure non immune a certe fughe in avanti per ricordarci che siamo tutti dei poveri disgraziati. E che, in fondo, abbiamo un solo desiderio: essere amati almeno la metà di quanto amiamo.