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In Tutti in piedi Franck Dubosc interpreta un quarantanovenne che fa finta di piacersi molto ma si piace molto poco, tanto che si spaccia sempre per qualcun altro pur di portarsi a letto quante più donne possibile.
Borioso ed egocentrico, Jocelyn è dirigente di un’azienda di scarpe sportive (“quelle di Uma Thurman in Kill Bill!”) e si prepara a correre la maratona di New York.
Quando la bella e giovane vicina di casa della madre appena morta pensa che sia un disabile motorio, Jocelyn è felice di cavalcare l’equivoco e assecondare la propria inclinazione alla menzogna per conquistarla facendo leva sulla compassione.
Ancora non sa che la ragazza (Caroline Anglade) ha una sorella maggiore, Florence (Alexandra Lamy), una donna bella, affascinante e piena di vita, costretta per davvero sulla sedia a rotelle. Come uscire dal vortice di menzogne adesso?
Da queste non originalissime premesse da commedia degli equivoci Franck Dubosc (oltre che protagonista, regista e sceneggiatore) riesce a ricavare una commedia romantica sensibile e divertente, che al suo centro ha dei personaggi ben scritti e credibili.
Se possiamo immaginare facilmente come andrà a finire il film, Dubosc arriva al traguardo evitando superficialità, con sentimento ed equilibrio. Alexandra Lamy interpreta con maestria ed energia un personaggio lucido e complesso a cui è affidata la credibilità dell’intera vicenda nonché del colpo di scena.
Tra sequenze visivamente accattivanti e romantiche (in primis quella della piscina) e personaggi secondari ben delineati, il film calibra rispetto e delusione delle aspettative.
Tutti in piedi ironizza sulla disabilità, ma lo fa con eleganza: quello di cui si ride è soprattutto la goffaggine di Jocelyn nel fingersi invalido, la goffaggine della sua bugia, mentre si ride con Florence della sua condizione, e se possiamo farlo è perché è innegabilmente il suo personaggio a trascinare il film, e perché, da spettatori, crediamo sinceramente che – come si suggerisce nel film stesso – la “disabilità” interiore del protagonista maschile sia invalidante quanto quella della sua controparte femminile.
Ma soprattutto, lungi dal voler azzerare ogni differenza sotto una coltre di buonismo, Tutti in piedi si gioca su una bugia che porta a galla la migliore verità del suo protagonista: Jocelyn è radioso quando mette in atto la sua menzogna ed è nella sua finzione (che fa rima con immedesimazione) che si concede di credere per davvero a un superamento delle differenze che, in nome dell’amore, saprà trascinare nella limpida verità.