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Jodie Whittaker in Toxic Town - Credit Matthew Towers © 2024 Netflix, Inc.
Nessuno a Corby si sarebbe aspettato che Sam Hagen potesse cambiare il destino della città. Consigliere comunale onesto e dedito al suo lavoro, Sam non era mai stato veramente integrato né rispettato, rimanendo sempre un passo indietro rispetto ai giochi di potere che si svolgevano intorno a lui. Tutto cambia nel momento in cui riceve, direttamente nella buca delle lettere, una busta misteriosa: al suo interno, una serie di documenti riservati che diventeranno la base di un caso legale storico.
Toxic Town, disponibile su Netflix, è una miniserie drammatica che racconta la lotta di un gruppo di madri che, dopo aver dato alla luce bambini con gravi deformità, scoprono che la causa potrebbe risiedere nei rifiuti tossici che hanno contaminato la città. Scritta da Jack Thorne, la serie racconta delle accuse rivolte al Corby Borough Council per le malformazioni congenite di numerosi bambini nati tra la metà degli anni Ottanta e la fine degli anni Novanta.
Ed è la storia di pochi uomini perbene, come Sam – interpretato da un ottimo Robert Carlyle – e di molti uomini corrotti, ma soprattutto è la storia di un gruppo di madri che affrontano una battaglia estenuante contro un sistema che sembra ignorarle, mettendo in gioco tutto ciò che hanno. Le protagoniste, portate sullo schermo dalle straordinarie Jodie Whittaker (Broadchurch, Black Mirror, Doctor Who), Aimee Lou Wood (Sex Education) e Claudia Jessie (Bridgerton), lottano per riprendersi la propria vita, per rifiutare il silenzio e l'indifferenza, accompagnate da Rory Kinnear che nella serie interpreta l’avvocato Des Collins. Non solo per principio, ma per il futuro dei loro figli: giustizia non pareggerà mai conti, ma la vittoria porterà a un riconoscimento, alla possibilità di tornare a un’esistenza dove poter finalmente essere solo se stessi, non liberi dall’invalidità, ma liberi da ogni colpa.
Sì, perché la società scarica la colpa sulle famiglie, in particolare sulle madri, come se la precarietà e la sofferenza fossero responsabilità da espiare. Questa “responsabilizzazione emotiva” diventa un tema e la serie mostra non solo come schiacci le madri, ma come si rifletta anche sui figli, che crescono con la percezione di essere in qualche modo un errore, oltre il quale devono sforzarsi di definire la propria identità.
Toxic Town parla della solitudine della working class, è il racconto di chi non ha altra scelta che essere coraggioso, contando solo sulla propria forza. Senza romantizzare la resistenza di quelli che, con scarsi mezzi e opportunità, continuano a nuotare perché è l’unico modo per non annegare. Per questo gli interventi fatali del caso fanno la differenza in questa storia: cosa sarebbe successo se Des non avesse bussato alla porta di Susan McIntyre? Se il Consiglio, che qui prende vita nel personaggio di Roy Thomas (Brendan Coyle), non avesse denigrato e schernito Sam ancora un’ultima – e definitiva – volta? Se il giovane Ted (Stephen McMillan) non avesse deciso di chiudersi nell’isolamento della casa paterna, ma di trasferirsi altrove? Sono tanti i piccoli gesti, gli incontri ma anche le aggressioni del quotidiano che porteranno i protagonisti a decidere non più di sopportare, ma di reagire.