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William Hurt in Too Big To Fail
Dal montaggio frenetico di notiziari e dichiarazioni presidenziali (Reagan e Clinton che inneggiano alla deregulation, Bush jr. che "apre" alla casa di proprietà per ogni famiglia, "dimenticando" che l'esplosione dei mutui facili e senza alcuna garanzia avrebbe portato all'inevitabile catastrofe) alla rappresentazione quasi claustrofobica di un mondo chiuso, dorato, adesso sull'orlo di un baratro dal quale sembra sempre più arduo poter indietreggiare: Curtis Hanson è forse il primo regista, dopo Charles Ferguson di Inside Job (documentario del 2010 premiato con l'Oscar), a rapportarsi senza nessun imbarazzo cinematografico alla grave crisi finanziaria scoppiata negli States nel 2008. Per farlo, trasforma in racconto filmico il bestseller omonimo di Andrew Ross Sorkin (Too Big To Fail, De Agostini), reporter del New York Times che svelò a suo tempo i retroscena e gli scandali dietro la crisi: prodotto dalla HBO, stasera fuori concorso al Festival di Roma e in onda il 4 novembre alle 21.10 su Sky Cinema1HD, il tv movie di Curtis Hanson si concentra sulle drammatiche settimane nelle quali il segretario del Tesoro Henry "Hank" Paulson (William Hurt, straordinario), già presidente e AD di Goldman Sachs, si ritrova a dover fronteggiare dapprima il tentativo di salvataggio della Lehman Brothers, poi tutta una serie di manovre e trattative con gli altri maggiori istituti di credito USA (da JP Morgan Chase a Merrill Lynch) per arginare l'imminente tracollo finanziario del paese e, consequenzialmente, del mondo intero.
Chiamando a sé interpreti di assoluto livello - Paul Giamatti è Ben Bernanke (Presidente della Federal Reserve), Billy Crudup è Timothy Geithner (Presidente della New York Federal Reserve Bank), Bill Pullman è Jamie Dimon (Presidente e AD di JP Morgan Chase), James Woods è Dick Fuld (CEO Lehman Brothers), Matthew Modine è John Thain (Presidente e CEO Merrill Lynch) - Curtis Hanson costruisce un anomalo thriller politico-finanziario, dal ritmo e dai dialoghi serratissimi, mostrando principalmente l'aspetto di un uomo, Paulson, arricchitosi esponenzialmente sfruttando le stesse strategie economiche che da segretario del Tesoro è ora chiamato a condannare. Attraverso l'asfissiante, progressiva ricerca di un "rimedio a breve termine" e l'inevitabile logorio psicofisico di Paulson, la narrazione di Hanson butta giù le pareti di un edificio costruito sul marcio, insieme all'enorme bugia perpetrata in nome del consueto "american dream": il sistema si scopre sconfitto, le alte sfere del governo continuano a sottostare al dominio dei colossi finanziari, e per salvarli propongono la più estrema delle misure, la nazionalizzazione delle banche. Sperando in una nuova apertura ai prestiti per "sbloccare il mercato" (che non ci sarà), finendo per contagiare drasticamente il resto del mondo. Troppo grandi per fallire, troppo tardi per capire.