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"Ticket To Paradise" © Universal Studios
C’è una linea sottile tra rassicurante e stantio e Ticket to Paradise ti illude sempre di stare nel primo campo. Ci riesce perché è difficile non finire nella rete di Julia Roberts e George Clooney, consapevoli – e compiaciuti – del proprio statuto di last movie stars.
L’operazione nostalgia è presto servita: chi, oggi, può contare su un tale concentrato di talento e carisma, magnetismo e riconoscibilità, consapevolezza del proprio ruolo nell’industria e necessità di rivendicare la presenza in un immaginario classico?
Affiatati, consumati, rilassati, luminosi, Robert e Clooney fanno ciò che si chiede a due come loro: ricordare al pubblico che certe cose avvengono solo in una sala buia. E ci sembra che Ticket to Paradise nasca proprio con questo obiettivo: una commedia romantica in continuità con la lunga tradizione americana, tenendo conto dell’anagrafe di due divi che gli spettatori associano a quel genere.
Ticket To Paradise © Universal StudiosTuttavia, l’ambizione di tornare al moloch hollywoodiano della “commedia del rimatrimonio” (Scandalo a Filadelfia e L’orribile verità, per citare due capolavori), nonché di replicare le adorabili schermaglie di Katharine Hepburn e Spencer Tracy, si scontra con due problemi enormi: scrittura e regia.
Ora, che il finale di Ticket to Paradise sia già chiaro dalle prime scene non è un vero problema, perché, in fondo, quando si ha a che fare con una commedia romantica autori e spettatori stipulano un tacito accordo fondato sulla regola del “purché finisca bene”.
Ma davvero è tutto così prevedibile in questa storia in cui due ex coniugi che si odiano, soprattutto per abitudine al rancore, devono impedire alla figlia, novella avvocata, di sposarsi con un bravo ragazzo locale conosciuto in vacanza a Bali (avanguardia, ma tant’è; e poi Roberts è abituata a bloccare matrimoni imminenti, pensiamo a Il matrimonio del mio migliore amico).
Con una teoria di sciocchezze da manuale non aggiornato, è difficile credere ogni tanto che il sabotaggio messo in atto dai genitori non sia solo un espediente narrativo per riavvicinarli.
Ticket To Paradise © Universal StudiosPeraltro cosa diavolo può accadere in una fuga esotica, lontana dalla metropoli e alla riscoperta delle “cose che contano davvero” (meglio se in scenari mozzafiato resi come cartoline patinate), se non un revival (in)atteso che passa sopra convinzioni consolidate e attuali relazioni (lei sta con un giovane pilota bello e devoto), con un epilogo alla Riusciranno i nostri eroi…?
Per carità, diverte il giusto e fila via con leggerezza, ma è diretto da Ol Parker con pigrizia e senza idee che possano rendere la commedia smagliante quanto dovrebbe e potrebbe, si spera possa riportare spettatori in sala, ma il ritorno alla romcom di Roberts e Clooney avrebbe meritato qualcosa di meno stantio.