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tick, tick...BOOM! (L-R) ANDREW GARFIELD as JONATHAN LARSON in tick, tick...BOOM!. Cr. MACALL POLAY/NETFLIX © 2021
Autobiografia postuma pensata nell’unica forma possibile concepita dal suo autore e protagonista, Jonathan Larson, tick, tick… Boom! non è solo un musical sui e sul musical ma anche l’autoritratto di Lin-Manuel Miranda attraverso la ricostruzione di una vita altrui.
Miranda è la più importante ed amata personalità di Broadway emersa negli ultimi anni, noto per aver creato e interpretato i cult In the Heights e Hamilton. Come Larson, è uno dei pochi autori di musical ad aver vinto il Premio Pulitzer.
A differenza di Larson, Miranda sta vivendo appieno quel successo che la morte precoce per aneurisma cerebrale precluse a Larson, scomparso nel 1996 a 36 anni, il giorno prima della première di Rent, il capolavoro bohémien che ha rivoluzionato il musical americano. Di origini portoricane ma newyorkese come Larson, Miranda crede nel musical come chiave di comprensione del mondo e dispositivo per sublimare la vita nella finzione.
La forza di tick, tick… Boom! sta proprio nell’interpretazione di Miranda, che non a caso ha scelto questa storia per il suo debutto nel lungometraggio: la storia di Larson è anche la sua nella misura in cui rappresenta il percorso di ogni artista nella conquista di un posto nel mondo e nel riconoscimento della propria voce. Larson ha iniziato a eseguire tick, tick… Boom! come one man show nel 1990: solo nel 1996 è stato revisionato dal drammaturgo David Auburn per farne un’opera per tre attori (i ruoli: Jonathan, l’amico sieropositivo, la fidanzata storica, con questi ultimi due che danno voce ad altri personaggi minori) poi allestita nel 2001.
Va da sé che in questo caso il rispecchiamento si accorda al tributo: la star – e tutto ciò che incarna: inclusività e transmedialità in primis – omaggia l’opera e le gesta del maestro sfortunato (a sua volta ispirato da Stephen Sondheim), ne celebra il genio e lo rende personaggio iconico, antieroe pieno di vita in cui far riconoscere gli spettatori.
Nella parabola di questo trentenne talentuoso fino all’arroganza, che lavora come cameriere in una tavola calda, abita in un appartamento malandato e sogna un’esistenza e una carriera all’altezza dei suoi desideri, ci sono gli orizzonti e i fallimenti di una generazione segnata da traumi e dolori (precariato, omofobia, razzismo, incomunicabilità, AIDS) e, al contempo, le tracce del classico romanzo di formazione con epifanie, ostacoli, sacrifici, obiettivi mancati e quelli raggiunti.
TICK, TICK…BOOM! Andrew Garfield as Jonathan Larson, in TICK, TICK…BOOM! Photo Credit: Macall Polay/NETFLIX ©2021tick, tick… Boom! mette in scena il passaggio dai venti ai trent’anni in un’epoca dove il futuro è una promessa e non una certezza: lo fa uscendo dalle secche del realismo, verso una dimensione in cui il musical è sogno e fuga, ed entrando nella mente, nel lavoro e nei progetti di un artista. In questo senso Miranda si proietta nell’autobiografia di Larson, ne condivide la visione e fa il suo - il loro - All That Jazz.
A dare corpo al monologo c’è un Andrew Garfield in stato di grazia e in odore di premi, capace di trasmettere ossessione e passione, paura e desiderio, calibrando intimismo e istrionismo, vivacità e meditazione, frenesia e dramma, tratteggiando così un personaggio circondato dall’affetto di amici e amori, mosso da un’inconscia consapevolezza di avere poco tempo, toccato dal presagio di quella morte che sembra braccarlo colpendo le persone vicine.
È lui l’interprete ideale di questo film generoso ed empatico, a volte più coinvolto che coinvolgente, bulimico ma fluido ed elegante, con una vitalità che gli permette di non lasciarsi cannibalizzare dalla nostalgia del tempo perduto. Tutte di livello le canzoni, ma il numero Sunday spicca per profondità teorica e confezione spettacolare, con il diner in cui lavora Jonathan zeppo di star di Broadway, tra cui Bernadette Peters, Joel Grey, Chita Rivera e André De Shields: più omaggio di così. Uno dei tanti titoli Netflix in corsa per gli Oscar 2022.