Cento anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale. Le trincee, i massacri, l’orrore del conflitto. Bisogna mantenere viva la memoria, imparare dal passato. L’Imperial War Museum di Londra e la BBC mettono a disposizione i filmati d’archivio al regista Peter Jackson, per realizzare un documentario. Il risultato è sorprendente. Jackson gioca con i formati delle immagini, e colora ogni singolo fotogramma, per riportare lo spettatore indietro di un secolo. La Grande Guerra diventa un’esperienza in prima persona.

They Shall Not Grow Old (che prende il titolo dal famoso verso della poesia For the Fallen di Laurence Binyon) segue la struttura di un classico war movie, e si propone quasi come un lungometraggio di finzione. Non si parla di politica. Niente Triplice Intesa, Alleanza o Patto di Versailles. Al centro della narrazione c’è l’uomo, con i suoi sentimenti e necessità. I primi a partire sono i figli delle famiglie più povere. Troppo giovani per capire la follia delle armi, entusiasti di poter servire il proprio Paese.

 

L’Inghilterra non teme il nemico, è forte della sua anima da potenza coloniale. Così gli inglesi si preparano quasi con spirito spensierato, fino all’inizio dell’incubo. Jackson utilizza le voci dei protagonisti, per costruire un racconto coinvolgente, sempre emozionante. Ripropone le battaglie, le cariche da una trincea all’altra. Si sofferma sui legami tra commilitoni, sulla speranza di tornare a casa. Narra l’amicizia prima dell’odio, l’umanesimo prima delle raffiche di mitragliatrice. Condanna la brutalità, ci mostra il viso di un soldato semplice, poi guarda con rabbia e pena il suo cadavere.

Jackson non ha paura di mostrare il sangue, la decomposizione, i piedi in cancrena. Il suo è un viaggio nel fango, dove gli sventurati cercano di non trasformarsi in macchine, in assassini dei loro simili. E alla fine, contro ogni “orizzonte di gloria” fomentato dai politicanti, gli inglesi fraternizzano con i prigionieri. Invece di massacrarsi, aiutano il nemico. L’eroismo ha un prezzo insostenibile. Gli adolescenti che si erano arruolati con tanto ardore hanno perso l’innocenza.

 

Si parla di una generazione che è stata cancellata. Sono morti a milioni. “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, scriveva Ungaretti.  E Jackson sembra riflettere su quelle parole.  Dipinge l’affresco di un’epoca, quattro anni d’inferno che oggi è difficile persino immaginare. Le tinte accese fanno di ogni sequenza un’allucinazione, ma è tutto vero in modo straziante. Cento minuti per fare i conti con la Storia.