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Georgina Cambell, Dakota Fenning, Oliver Finnegan e Olwen Fouéré in The Watchers, © 2024 Warner Bros. Entertainment Inc. All Rights Reserved
Mina è una giovane artista americana in Irlanda, con un trauma nel passato che riguarda la morte la madre. Quando viene incaricata di portare un uccello, un raro parrocchetto dorato, in uno zoo nell’ovest del paese, la giovane in viaggio si ritrova intrappolata dentro una foresta: da lì non può muoversi né uscire. Braccata da creature misteriose non meglio definite, è salvata da un gruppo di sconosciuti e si rifugia con loro nel bunker definito il Covo. Qui anche lei, come gli altri, dovrà farsi “guardare”, ossia ogni notte porsi davanti a una grande superficie a specchio, dove i mostri osservano gli umani senza essere visti. Obbligatorio è assecondarli per garantirsi la sopravvivenza. Non si può davvero dire altro senza incappare nello spoiler, che qui come non mai è fondamentale evitare.
Già il congegno alla base di The Watchers, esordio al lungometraggio di Ishana Night Shyamalan, figlia del più noto M. Night, la ricollega direttamente al cinema del padre: prodotto dallo stesso Shyamalan e liberamente tratto dal romanzo omonimo di A. M. Shine, l’indole derivativa è piuttosto chiara e risulta declinata in alcuni elementi chiave. Prima di tutto alcuni sconosciuti sono costretti a convivere davanti all’orrore, come spesso accade in Manoj - si pensi solo alla spiaggia di Old -, poi nulla è come sembra, cioè il meccanismo che detta le regole è pronto ad essere ribaltato e riscritto più volte in sede di sviluppo. In tal caso, i personaggi vengono spiati da occhi misteriosi, ma chi sono gli osservatori? Nella domanda fondante è racchiuso il senso dell’enigma.
È però soprattutto il concetto di fondo a creare un’assonanza con M. Night, perché la figlia come il padre va a manovrare direttamente l’archetipo un topos primario dell’horror – le creature che ti guardano -, per riscriverlo in nuova veste e reinstallarlo con la propria idea. Ishana come Manoj vuole sabotare l’ovvio e il banale: guardare dietro, sotto, di lato al previsto per ricoprirlo di perturbante. Allo stesso modo sa bene che l’horror si nutre sempre delle stesse forme e paure, che tornano di continuo, come qui la foresta maledetta e i cunicoli bui, gli anfratti dove si celano i mostri.
La regista affida la parte della protagonista a Dakota Fanning, mirabile nel reggere sulle spalle il portato spaventoso della vicenda, variando su molte sfumature, dal rimorso del passato al survival per restare vivi. Se la prima parte è calata nella selva oscura, l’ultima sezione esce dalla foresta e torna in società, per scodellare un twist “alla Shyamalan”, appunto, ovvero il colpo di scena che costringe alla rilettura della storia e conduce verso il finale.
Sarebbe però ingeneroso ridurre l’autrice solo a una costola del padre perché, seppure derivativo, il film vive di vita propria: Ishana mostra una buona gestione dello spavento, incluso il jumpscare, non propone niente di realmente innovativo ma chiude la partita con l’onore delle armi. Il ritmo del racconto gradualmente sconta un calo e si sgonfia un po’ nella seconda parte, proponendo perfino una riflessione retorica sulla razza umana che M. Night avrebbe evitato; dall’altro lato si impone un forte personaggio di donna, una giovane sofferta in cerca della pace interiore, che riflette lo sguardo femminile della regista. Insomma con The Watchers, tra luci e ombre, forse abbiamo assistito alla nascita della factory Shyamalan.