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La Festa del Cinema di Roma accosta questa pellicola al filone spielberghiano e, effettivamente, in più di un ambito ricorda il maestro. Per il tema dell’incontro ricercato, prima ancora che ravvicinato. Per la riflessione sui medium che hanno contraddistinto ed evoluto la comunicazione dell’ultimo secolo. Per il vezzo di mettere i personaggi in cornice. Ma sarebbe sbagliato “ridurre”, se di riduzione possiamo parlare, The Vast of Night a un tributo.
Il film tradisce, anzi, denota un’identità e una volontà ben definite, oltre a una discreta conoscenza dei mezzi per mettere in atto quest’ultima. Sebbene persino superiore sia l’ostentazione delle capacità del regista Andrew Patterson. Gli espedienti, come i lunghi piani sequenza o gli ancor più lunghi discorsi in primo piano, le “interruzioni” del video a favore di un esplicito rimando alla radio, o le parentesi di televisione da Guerra Fredda e fantascienza ai confini della realtà.
Nulla è di troppo, beninteso, ma il tutto tende a mostrare il fianco a critiche di narcisismo. Non è nemmeno questo il caso: The Vast of Night è un piacevolissimo racconto sci-fi dalle distinte sfumature sociali, pieno di sperimentazioni sul tema tecnico.
È tanto, ma è anche solo questo. Non va molto oltre il campo dell’esperimento, campo in cui peraltro sembra eccellere e trovarsi a suo agio. Ma la maturità del capolavoro è altrove, forse proprio nel cielo che i protagonisti sondano con tanta insistenza, marciando verso un finale di film che, per l’appunto, laddove meramente narrativo si ritrova (quindi) abbastanza scontato.