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The Unknown Known
Donald Rumsfeld, chi è costui? “L'ho ascoltato per più di 30 ore, diceva cose contraddittorie, confuse. Ma che cosa pensa veramente? Sta recitando, ci crede davvero? Il concetto centrale è: chi è Donald Rumsfeld? E' stato fondamentale nell'amministrazione Bush, è stato al centro di due guerre, Afganistan e Iraq, ma chi è veramente? E perché ha fatto quel che ha fatto?”. Parola di Errol Morris, forse il maggior documentarista americano vivente, premio Oscar per The Fog of War nel 2004, capace di ribaltare le sorti giudiziarie del presunto omicida Randall Adams con The Thin Blue Line (1988), considerato per poetica ed etica l'anti-Michael Moore.
In Concorso a Venezia 70 porta The Unknown Known, ritratto di Donald Rumsfeld, politico di lungo corso, segretario alla Difesa di George W. Bush e architetto della guerra in Iraq. Desunto da 33 ore di conversazione, non è il classica doc-intervista, piuttosto, Rumsfeld interpreta e spiega i suoi “snowflakes”, gli appunti e le note racchiusi nell'enorme archivio accumulato in oltre 50 anni di vita politica e imprenditoriale. Dalla guerra in Iraq al dittatore Saddam, dall'amministrazione Bush a Guantanamo e Abu Grahib, dalle armi di distruzione di massa alla continuità dell'amministrazione Obama, dall'11 settembre alle dimisisoni, Rumsfeld in quell'archivio trova di tutto, mentre il contrario di tutto lo fa emergere Morris, “cercando” di portarlo alal contraddizione in termini, quei termini di cui Donald è innamorato, quelle parole usate in lungo e in largo per dissimulare, manipolare, distrarre, occultare.
Non solo, come da titolo, The Unknown Known è anche operazione metalinguistica ed ermeneutica, concettuale e filosofica, con gli spot puntati sulla veridizione e la performanza politico-retorica. Il noto ignoto, le cose che credi di sapere e poi verrà fuori che non sapevi: questo è il cavallo di battaglia di Rumsfeld, ma finirà (quasi) disarcionato. Dice la moglie di Morris, “quella intelligente della famiglia”, che “Rumsfeld è il gatto che non c'è di Alice nel Paese delle Meraviglie, quello che scompare e di lui resta solo il sorriso”. Ha ragione, eccome, ma sicuri che quel sorriso mediamente beffardo e modestamente compiaciuto sia quel che rimane davvero, oltre le contraddizioni interne, oltre il tiepido incalzare di Morris, oltre quei fiocchi di neve che cadono incessanti e, tuttora, coprono ancora il suolo chiamato verità?
Documentario interessante e informato, ben girato e musicato dal sodale Danny Elfman, The Unknown Known fa fede al proprio titolo, nel bene e nel male: Errol Morris è sempre il grande documentarista che conoscevamo, Donald Rumsfeld ancora l'oggetto misterioso che non conosciamo. E lo sa pure Errol: “Rimane un mistero: se recita o meno, non lo sappiamo”. Il che vale a dire: doc o finzione, il protagonista è lui. E non è poco: per l'antagonista rivolgersi alla storia, Morris, volente più che nolente, non lo è. Almeno, non lo è del tutto.