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The Strangers: Capitolo 1 © 2023 John Armour / Lionsgate
Tutto inizia dal film del 2008: The Strangers di Bryan Bertino. Un cult che spaccò il botteghino mondiale (budget 9 milioni di dollari – incasso 82,5 milioni) e rilanciò con forza l’home invasion, il film con gli sconosciuti che ti penetrano in casa per ucciderti: quel sottogenere dell’horror che all’epoca negli Usa era assolutamente in tempo dopo il crollo delle Torri Gemelle, con l’invasione del terrorismo islamico sul territorio americano.
Possibile spiegazione del successo, oltre che la potenza del racconto orrorifico che regge tuttora, non perde smalto dopo quindici anni. Fu seguito da un secondo tassello memorabile, The Strangers: Prey at Night di Johannes Roberts (2018), che riusciva perfino a superare l’originale. E qui si inserisce Renny Harlin, grande fan della sorgente, che si mette al timone della produzione Lionsgate: una trilogia Strangers con durata complessiva quattro ore e mezza, a metà tra sequel e reboot, che vede Bryan Bertino come firma del soggetto e complice dell’operazione. Regista strano, Harlin: finlandese trapiantato in America, esploso nella Hollywood anni Novanta, uno che ha sempre lavorato sullo stereotipo senza temere di essere sfacciato, a risultati alterni, che vanno da Cliffhanger a Driven. Comunque il suo shark movie del 1999, Blu Profondo con gli squali geneticamente modificati, resta una grande reinstallazione dell’archetipo di fine millennio e un piccolo capolavoro di ritmo.
Questo serve per dire che Harlin, con la sua abitudine a manovrare il topos, col suo fiuto commerciale, sembra l’uomo giusto per resuscitare la serie. The Strangers: Capitolo 1 si apre con un uomo che scappa in un bosco di Portland, viene raggiunto da tipi sconosciuti che lo finiscono a colpi d’ascia; la didascalia ci informa che negli Usa viene commesso un crimine violento ogni 26,3 secondi. Facciamo quindi la conoscenza di Maya e Ryan (Madeleine Petsch e Froy Gutierrez), una coppia che sta andando proprio a Portland perché lei deve sostenere un colloquio e per festeggiare il loro quinto anniversario. Come da regola, si fermano a nutrirsi in un diner dove i locali si mostrano ostili e sul muro campeggia il classico poster di persone scomparse; ci si mette anche il guasto alla macchina, ovvio, che dovrebbe risolversi in poche ore. Costretti in una baita, i due la prendono bene e iniziano ad amoreggiare, quando bussa alla porta una figura oscura cercando una certa Tamara; ha sbagliato, o forse è il palo che verifica la presenza di qualcuno in casa…
Da qui all’invasione il passo è breve. Annunciati da una macabra sorpresa, nello spazio domestico irrompono tre individui protetti dalle maschere, come tradizione del prototipo: tecnicamente sono due donne e un uomo, indicati rispettivamente come Dollface, Pin-Up Girl e Scarecraw, il più spaventoso in quanto schermato dal classico sacco militare col buco per gli occhi. Chi sono, cosa vogliono? Perché tanta violenza? Non si può dire troppo per lasciare al piacere della profanazione, e perché il “non motivo” degli strangers è in realtà motivo della saga: del resto l’orrore inspiegato fa sempre più paura… Renny Harlin percorre gli stereotipi sia narrativi che visivi: da una parte la coppia di belli, il weekend fuori, l’arrivo dei maniaci; dall’altra il ricorso al sangue e al fuoco, la lotta per la sopravvivenza, le armi tipiche come l’accetta.
Va detto che il regista a tratti riesce a infondere un’aurea di omaggio al genere mentre lo fa rivivere, evocandone le immagini più tipiche – c’è anche il volto horror di Richard Brake -, ma in altri punti scivola nel ridicolo involontario soprattutto quando tenta di cambiare registro. Ryan, legato e pronto ad essere scannato, chiede a Maya di sposarlo… Mah. A parte questo la regia di Harlin si mantiene sopra il livello di guardia con una gestione discreta di spazi e tempi; ma siamo solo ai primi 90 dei 270 minuti complessivi, peraltro filmati tutti insieme in pieno stile B-movie (“La mattina giravamo il capitolo 3, il pomeriggio l’1 e il giorno dopo il 2”). Registriamo la partenza altalenante del progetto e aspettiamo l’evoluzione, nella direzione che viene fatta intuire dagli ultimi fotogrammi.