PHOTO
(L to R) Letitia Wright stars as June Gibbons and Tamara Lawrance stars as Jennifer Gibbons in director Agnieszka Smoczynska's THE SILENT TWINS, a Focus Features release.
Inghilterra, anni ’70. Jennifer e June Gibbons sono due gemelline dall’immaginazione molto sviluppata che, un po’ per gioco, un po’ per autodifesa, hanno deciso di non rivolgere mai più la parola al mondo.
Chiuse nella loro stanza chiacchierano e inventano storie, ma fuori di lì non comunicano, neanche con i familiari. Con nessuno. Solamente tra di loro.
La regista polacca Agnieszka Smoczynska dirige il suo primo film in lingua inglese (etichetta Focus Features…) adattando per lo schermo l’omonimo romanzo-verità di Marjorie Wallace, giornalista investigativa che prese a cuore la vicenda delle gemelle quando, ormai giovani donne, vennero rinchiuse per 12 anni in un istituto psichiatrico.
Agnieszka SmoczynskaThe Silent Twins muove dunque dalla vera storia delle sorelle Gibbons, di origini caraibiche, infanzia in Inghilterra, adolescenza in Galles: gemelle omozigote nella realtà, eterozigote nel film, le due ragazze sono interpretate da Letitia Wright (June) e Tamara Lawrance (Jennifer).
Il primo scarto sul reale viene operato dunque da questa scelta che in qualche modo “separa” (almeno agli occhi di chi guarda) l’inseparabile.
Per restituire poi il mondo immaginario delle due sorelle si ricorre spesso e volentieri all’animazione in stop-motion creando in questo modo il doppio binario di una narrazione che, giocoforza, vorrebbe mantenersi sempre in equilibrio tra la cronologia dei fatti e la percezione degli stessi da parte di June e Jennifer.
Leah Mondesir Simmons and Eva-Arianna Baxter in director Agnieszka Smoczynska's THE SILENT TWINS, a Focus Features release. Credit: Courtesy of Jakub Kijowski/Focus FeaturesA tratti suggestivo, il film procede però per accumulo, intanto senza suggerire mai con chiarezza da cosa derivasse questo mutismo e questa chiusura verso l’esterno (a quanto pare molto dipendeva dal bullismo che subivano, anche a sfondo razziale, elemento questo che nel film viene toccato davvero poco), poi inserendo frammenti canterini e perseguendo sempre la via dell’inquadratura di maniera.
È innegabile che il film riesca a restituire il giusto grado di inquietudine, anche grazie alla non facile prova delle due protagoniste, brave nel paradosso di dover creare due personaggi con cui risulti difficile empatizzare, ma in questo modo si rischia l’effetto opposto, quello cioè di non prendere mai veramente a cuore le loro sorti.
Scrittrici e creatrici di (altri) mondi, anche non proprio rassicuranti (si pensi al racconto di Jennifer, The Pugilist, incentrato su un medico che per salvare la vita di suo figlio gli trapianta il cuore del cane, racconto che la Smoczynska inserisce nel film con i pupazzetti) le due gemelle finirono in istituto psichiatrico in seguito a di accuse (rubarono 25 matite, qualche snack e diedero fuoco a un negozio) contro le quali “decisero” di non difendersi.
Altre innumerevoli volte il cinema ha toccato il tema della gemellanza, del doppio inscindibile (si pensi, su tutti, a Inseparabili di Cronenberg), qui la matrice della “storia vera” – che comunque nell’86 era già stata raccontata da un film BBC e nel ’94 da un documentario – da una parte nobilitava le premesse di una vicenda oggettivamente interessante, dall’altra sembra quasi fiaccarne le possibilità di uno sguardo più coraggioso, profondo, non necessariamente “psichedelico”.
Come se alla fine quel disagio profondo, quella chiusura che cercava sbocchi altrove – nella fantasia, nella scrittura – e che spesso e volentieri le portava a farsi del male una contro l’altra, rimanesse ingabbiata nei confini di un film che prima di ogni cosa cerca di essere cool, e solamente poi di scavo profondo.