PHOTO
Una scena del film
Sono passati alcuni mesi dalla terrorizzante esperienza vissuta dalla giornalista Rachel Keller (Naomi Watts) e dal suo bambino Aidan (David Dorfman). Abbandonata Seattle e raggiunta la tranquilla cittadina di Astoria per provare a dimenticare, i due saranno ben presto minacciati dal ritorno di Samara: prendere il posto del figlio di Rachel sarà, per lei, l'unico modo per ritornare a vivere. Diretto dal nipponico Hideo Nakata - già regista di Ringu e Ringu 2 - questo The Ring 2 si discosta parecchio dall'omonimo, secondo capitolo della saga giapponese per proseguire, sullo stesso tracciato, il discorso iniziato dall'americano Gore Verbinski. Vero e proprio sequel, dunque, che il cineasta orientale - per la prima volta impegnato in una produzione USA - prova a contaminare con rimandi estetici e simbolici (l'acqua più di ogni cosa, elemento già fondamentale nel suo Dark Water) altamente significativi.Il risultato, purtroppo, non è dei migliori: la struttura del film - sebbene interessante nello sviluppo del rapporto madre-figlio - soffre particolarmente per una narrazione confusa e colpi di scena alquanto prevedibili. L'orrore rimane circoscritto, le urla e gli occhioni sgranati si susseguono e non basta inventarsi un'oracolare Sissy Spacek - indimenticabile Carrie per Brian De Palma, qui nei panni della disturbata Evelyn - per migliorare le cose. Buone alcune sequenze, come l'improvviso attacco dei cervi o la "caduta" di Rachel nel pozzo ma, nel complesso, la pellicola finisce per far rimpiangere il lavoro di Verbinski, all'epoca capace nel rendere un minimo credibile la "traduzione" dal j-horror originale. Nakata, come recentemente accaduto per Shimizu - autore di The Grudge, remake americano del già suo Ju-On - è rimasto vittima della stessa sindrome "da emigrazione": Hollywood, al momento, sembra averne fagocitato il talento, svilendolo e mutilandolo per metterlo al servizio di un'altra operazione puramente commerciale.