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Qualcuno ha visto The Booth At The End, la serie tv del 2010 diretta da Christopher Kubasik e interpretata da Xander Berkeley? L’adattamento italiano cambia la destinazione d’uso: non più serie, ma film, The Place, diretto da Paolo Genovese.
Reduce dal successo di Perfetti sconosciuti, il regista fa il passo più lungo della gamba o, meglio, sbaglia strada. Perché? Lo suggerisce la sinossi stessa: un misterioso uomo siede sempre allo stesso tavolo di un ristorante, pronto a esaudire i desideri di otto visitatori in cambio di missioni da svolgere. Bene, le missioni sono toste, tostissime, si va dal piazzare una bomba in un bar all’uccidere un bambino, e altrettanto gravosi i motivi che spingono questi disperati dall’uomo misterioso: un figlio malato di cancro, un marito preda dell’Alzheimer.
Il problema, si capisce, è la durata – meno di due ore – del film stesso, ovvero l’agio che concede a questi personaggi, e dunque agli spettatori, per palesare le proprie ragioni, il proprio rovello. Poco, comunque non sufficiente a elevare questi tormenti, queste disgrazie, che si vorrebbero emendare attraverso l’espletamento di compiti impietosi, dalla lista della spesa, dall’elenco numerato sbattuto in faccia al misterioso uomo e al pubblico insieme.
“Si può fare”, dietro compenso immorale s’intende, è il mantra dell’uomo, ma è solo diegesi: The Place non si poteva fare, se non da serie equivalente all’originale. Così latita il dramma, manca il respiro drammaturgico, quell’ariosità drammaticamente umana, così è solo un iterato e stracco andirivieni di film con i costi tutti sopra la linea (regia, sceneggiatura, interpreti) e, di fondo, un’inappetenza di senso.
Peccato, ma era facilmente intendibile. Volendo evitare spoiler, ci limitiamo a ricordare i protagonisti: l’uomo misterioso è Valerio Mastandrea, Sabrina Ferilli lavora nel bar, gli otto questuanti sono Marco Giallini, Alba Rohrwacher, Vittoria Puccini, Rocco Papaleo, Silvio Muccino con Silvia D’Amico, Vinicio Marchioni, Alessandro Borghi e Giulia Lazzarini.
Il migliore, forse per rimandi autobiografici, è Muccino, cult è Alba Rohrwacher che fa la suora, e più non dimandare. This Shouldn’t be the Place…