Donna e libertà, un ossimoro nell'Iran oscurantista. Che il margine di movimento per chi ha la sfortuna di appartenere al genere femminile sia scarso è universalmente noto, ma guai a pensare che l'attuale condizione sia dovuta esclusivamente alle regole ferree imposte dalla rivoluzione khomeinista. Per avere una chiara idea che il ruolo riservato a mogli, madri, figlie e sorelle non è roba di oggi basta vedere Khaneh Pedari / The Paternal House di Kianoosh Ayyari, dramma domestico che si dipana a partire dal 1911 abbracciando un arco temporale di oltre ottanta anni.
L'inizio è folgorante per drammaticità, l'omicidio di una adolescente da parte del capofamiglia, complice il figlio poco più che bambino è infatti di quelli che lasciano il segno. Quindici minuti senza respiro in cui la vittima sacrificale, rea di atteggiamento immorale, tenta disperatamente di sfuggire alla morte. Quello che accade successivamente è tenuto insieme dal filo rosso del sangue che, pur cancellato dal pavimento dopo il delitto, resta però visibile a marchiare un destino che lega le generazioni future.
Passano gli anni ma l'atteggiamento degli uomini nei confronti delle donne resta lo stesso: vessatorio, violento, tirannico. Non a caso i componenti maschili della famiglia hanno in eredità e conservano gelosamente il segreto del lontano omicidio, mentre alle donne è lasciato il compito di svelarlo. Un atto che si compie molti anni dopo ad opera di una generazione di ragazze intellettualmente più consapevoli. Un piccolo segnale di apertura che come un raggio di sola arriva a illuminare un Kammerspiel familiare di tragica lucidità.