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The Northman
Alexander Skarsgård stars as Amleth in director Robert Eggers’ Viking epic THE NORTHMAN, a Focus Features release.
Credit: Aidan Monaghan / © 2022 Focus Features, LLC
“Ti vendicherò, padre. Ti salverò, madre. Ti ucciderò, Fjölnir”.
Al terzo lungometraggio dopo The Witch e The Lighthouse, Robert Eggers fonde l’archetipo amletico con la mitologia norrena e dirige The Northman, misurandosi con la prima vera produzione ad alto budget.
Scritto insieme a Sjón (Sigurjón Birgir Sigurðsson), romanziere e paroliere islandese, da tempo in sodalizio con Björk, che appare nel film durante una sequenza onirica in bianco e nero sotto forma di strega preveggente, The Northman è ambientato nell’Islanda del X secolo dopo Cristo e segue le gesta del giovane principe Amleth (Oscar Novak), testimone oculare della brutale uccisione del re, suo padre (Ethan Hawke), per mano dello zio Fjölnir (Claes Bang), che poi rapisce sua madre Gudrún (Nicole Kidman).
Il ragazzo riesce a fuggire, giurando vendetta. Una ventina di anni dopo Amleth (Alexander Skarsgård, chiamato ad una prova fisica ai limiti del sovrumano) si è fatto berserkr: da vichingo usurpatore di villaggi slavi nella Terra dei Rus si camuffa come schiavo quando capisce che un’imbarcazione è diretta alla tenuta dello zio, ormai re decaduto e fuggito in Islanda, su una terra “vergine”. Nel viaggio conosce Olga (Anya Taylor-Joy, già protagonista in The Witch), ragazza della Foresta delle Betulle ridotta in schiavitù, con la quale stringerà un legame.
Anya Taylor-Joy stars as Olga in director Robert Eggers’ Viking epic THE NORTHMAN, a Focus Features release.Credit: Aidan Monaghan / © 2022 Focus Features, LLC
“Ti vendicherò, padre. Ti salverò, madre. Ti ucciderò, Fjölnir”.
Il mantra che rimbomba nelle varie fasi dello sviluppo del personaggio principale contrassegna la linea madre da revenge movie che contraddistingue la struttura narrativa di The Northman, opera che attraverso la fusione di violenza ferina ed estetica iperrealista vuole essere – per ambizione stessa del regista – “il film definitivo sui Vichinghi”.
Cavalcando l’onda di successi seriali quali Game of Thrones (per quello che attiene la sfera epica di un passato contrassegnato da battaglie sanguinose) e – ovviamente – Vikings, Robert Eggers si propone di mutare i connotati stereotipati e romanzati della cultura norrena e, per farlo, ha “cercato di ridefinire questa immagine in qualcosa di radicato ed elementale come i paesaggi”, oltre a ragionare sul continuo dialogo tra soprannaturale e ordinario, due elementi che, a quanto pare, per i protagonisti dell’epoca viaggiavano sullo stesso piano.
Oscar Novak stars as Young Amleth, Ethan Hawke as King Aurvandil and Nicole Kidman as Queen Gudrún in director Robert Eggers’ Viking epic THE NORTHMAN, a Focus Features release.Credit: Aidan Monaghan / © 2022 Focus Features, LLC
Ecco allora che sequenze di trucidi combattimenti, arti mozzati e sbudellamenti, si alternano a quadri onirici con valchirie cavalcanti verso il Valhalla o immaginifici duelli con spiriti custodi di una spada indistruttibile (la “non morta”…) diventano raccordo tra la ricerca di vendetta e la sua effettiva messa in pratica.
Sostanzialmente, però, il film del regista statunitense – che ancora una volta si misura con elementi ammantati di mistero, esoterismo e rituali ancestrali – non sorprende davvero mai, settato com’è su logiche di spettacolarizzazione tutto sommato “facili”, recitato in inglese (in alcuni casi con inflessioni slave) ma con “momenti chiave” in antico norreno, brutale quanto si vuole ma altresì laccato, epico nelle ambizioni ma didascalico e logorroico nella resa (si pensi al monologo della Kidman o al dubbio “amletico” nel prefinale, se lasciarsi tutto alle spalle e dedicarsi all’amore o perseguire fino in fondo il suo voto di vendetta), ripetitivo e ridondante, lungo oltremisura (138’).
Director Robert Eggers and crew members on the set of his film, THE NORTHMAN, a Focus Features release.Credit: Aidan Monaghan / © 2022 Focus Features, LLC
Insomma una sorta di ibridazione tra velleità autoriali (non mancano in tal senso interessanti movimenti di macchina e digressioni visive degne di nota) e compromesso pop che, buon per il film, ci mancherebbe, convincerà più di qualcuno.
Ma la fascinazione, per dire, di un Valhalla Rising (2009), attualmente disponibile su MUBI – per chi scrive, ad oggi, l’ultimo vero grande film di Nicolas Winding Refn – resta francamente lontanissima. Poco male, per carità, quando si ha a che fare con registi che, dopo due film, sono già considerati “di culto”.