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The Natural History of Destruction - Image Credit Progress Film
Ogni volta andrebbero fatte le solite premesse sul (museo) cinema di Sergei Loznitsa. Che torna a Cannes un anno dopo il sensazionale Babi Yar. Context – ancora una volta in Special Screening – ripartendo nuovamente da una raccolta di saggi di W.G. Sebald (come accadde per Austerlitz), “On the Natural History of Destruction”.
Prodotto da Germania, Lituania e Paesi Bassi, The Natural History of Destruction è l’ulteriore tassello nella filmografia documentaria del regista ucraino di origini bielorusse realizzato solamente attraverso materiale d’archivio: siamo nella Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale, la gente dei villaggi e delle metropoli conduce la propria solita vita. Poi, il buio.
Con questo impressionante stacco Loznitsa passa all'oscurità di una notte lunghissima e spaventosa: dal cielo piovono bombe, la città sottostante viene di fatto rasa al suolo.
Sono le devastanti incursioni aeree con cui dal febbraio 1942 le forze alleate distrussero le principali città tedesche, uccidendo migliaia di civili.
“È moralmente accettabile usare una popolazione civile come strumento di guerra? Si può giustificare la distruzione di massa in nome di un ideale morale superiore?”.
Sergei Loznitsa - Atoms & VoidSono queste le domande che si pone il regista, cineasta che ancora una volta utilizza il cinema per combattere il cronocidio e che, ritornando nei fatti e nei luoghi più oscuri della storia, parla al nostro presente, alla tragedia di un’attualità che sembra, appunto, aver dimenticato il passato.
Come sempre nessuna voice over, un’inusuale ricorso - seppur saltuario - alle musiche (composte dall’olandese Christian Verbeek, che sbalordisce per l’accompagnamento su quell’ultima, sensazionale, lunghissima sequenza aerea che sorvola chilometri e chilometri di distruzione), lavoro come sempre che sfiora il miracoloso per la pulizia di un restauro che in alcuni momenti sembra restituire agli occhi la nitidezza di immagini (a volte anche a colori) apparentemente “contemporanee”.
Progetto iniziato nel 2018 e reso difficoltoso dalla ricerca di finanziamenti per le costosissime immagini d’archivio, The Natural History of Destruction è stato terminato a ridosso dello scoppio del conflitto russo-ucraino.
Conflitto le cui radici lo stesso Loznitsa ha contribuito a raccontare, dapprima con il documentario Maidan, poi, nel 2018, con la “finzione” di Donbass.
La ciclicità degli eventi, la riproposizione di logiche guerrafondaie, il cronocidio come elemento determinante che rende impossibile spezzare una volta per tutte questo loop drammatico.
Il cinema di Sergei Loznitsa – che si è recentemente dimesso dal board degli EFA perché “troppo morbidi nella presa di posizione contro la Russia” e, paradossalmente, espulso dall'Accademia del Cinema Ucraino per aver espresso sostegno ai registi russi dissidenti” – dimostra nuovamente che il bene e il male nella Storia sono elementi in grado di sovrapporsi con estrema facilità.
Quello che resta, da una parte e dall’altra (le immagini della devastazione, tra corpi senza vita e persone per strada con quel poco che gli era rimasto ammassato sui carrettini), sono solamente macerie. E morte.