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The Morning Show
Terza stagione per la serie faro di Apple TV+, che non finisce di espandere il suo terreno di gioco. Se in principio era il programma mattinale di una grande emittente americana, conteso tra Alex Levy (Jennifer Aniston), irriducibile veterana della rete, e Bradley Jackson (Reese Whiterspoon), ambiziosa corrispondente di un TG minore, The Morning Show ingloba oggi tutto il paesaggio mediatico americano. Gli sceneggiatori si divertono a infilare relazioni sentimentali nei recessi dei grandi soggetti che animano l’America moderna, senza che nessuno di quei casi maggiori sia sufficientemente approfondito: dall’assalto a Capitol Hill alla guerra in Ucraina, dal razzismo sistemico al sessismo istituzionale, passando per la fine della garanzia del diritto all’aborto. Tristemente relegati a rumori di fondo, alimentano la “soap", contentando i cervelli pigri e appagando le coscienze impegnate.
In soccorso a una serie in affanno dietro al presente, arriva Jon Hamm, titano miliardario del Tech che vuole mettere le mani sul venerabile network, salvandolo magari dal tracollo e da un attacco cyber che rivela segreti compromettenti. Lanciata poco prima della pandemia, la prestigiosa produzione Apple entra nella sua terza stagione e mette in cantiere la quarta, assumendo il suo ruolo di punta e inciampando sui dollari, le star e un bastimento di drammi personali.
Diversamente dal suo debutto, la creatura di Jay Carson si concentrava esclusivamente sulle quinte di un’emissione popolare diffusa da un canale nazionale, la sua deriva si allontana dalle sale di registrazione, infilandosi nei salotti o nelle camere da letto. Tutto cominciava con il congedo traumatico di un conduttore televisivo accusato di aggressioni sessuali (Steve Carell), un’esplosione #metoo indagata e conclusa alla fine della seconda stagione. Da allora la serie promette di rinnovare il suo DNA. Promessa mantenuta aprendo come Succession, tra uffici esclusivi e consigli di amministrazione, perché l’euforia seguita al lancio della piattaforma dell’UBA è di breve durata e il gruppo si ritrova ad affrontare nuove difficoltà economiche.
Il presidente Cory Ellison (Billy Crudup) decide allora di approcciare il miliardario Paul Marks, per riscattarla. Il personaggio di Jon Hamm, che rispolvera il fascino chic di Don Draper (Mad Men), conferendo un’immediata seduttività al suo ruolo, è a capo di un gruppo aerospaziale, sotto contratto con la NASA. Filo rosso di tutta la stagione, la possibile acquisizione di UBA è la priorità del racconto, che evoca Elon Musk, l’uomo che detiene oggi una quota considerevole del potere simbolico e finanziario del mondo. Se il soggetto centrale resta l’evoluzione dei media con l’irruzione della Silicon Valley, la morale della storia è sempre quella: c’è sempre qualcuno più forte di te, pronto a ostentare (letteralmente) il suo grande razzo…
Come le stagioni precedenti, The Morning Show è afflitta dal medesimo problema, è piena di belle idee ma non porta mai avanti le sue intenzioni, crogiolandosi nel puro commento dei tempi e privilegiando su tutto la finzione, i rovesci intimistici e le emozioni. Stringe troppo il punto di vista risolvendosi nelle questioni personali, si affida alle prove dei suoi personaggi per cercare di esistere e andare avanti come il CEO di Crudup nel piano sequenza del quarto episodio. Quell’incedere sulle note di Stayin’ Alive suona come un monito: la sopravvivenza della serie si trova lì, nello slancio, nell’azione e nel movimento. Parola di Bee Gees.