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The Monkey
Dopo il convincente Longlegs, Oz Perkins torna nelle sale con un altro film horror, questa volta ibridato con una forte dose di comicità grottesca in modo da creare un prodotto ludico, in bilico fra la comedy e l’orrore.
Queste caratteristiche sono presentate fin dalla scena iniziale, in cui viene mostrato il padre del protagonista mentre dà fuoco con un lanciafiamme alla scimmia magica di fronte a una sala cinematografia: in questo modo il film dichiara allo spettatore che sta entrando in un universo finzionale e ludico, capace di giocare con le caratteristiche proprie del genere, rappresentato dall’oggetto maledetto, e in grado di divertirsi proprio grazie alla messa in scena delle violenze più efferate.
La componente umoristica viene determinata da numerosi fattori, sapientemente distribuiti nel film al fine di creare un perfetto bilanciamento con gli elementi horror. Fra questi, un ruolo importante è svolto dai personaggi comprimari, individui che manifestano la propria natura grottesca e assurda tramite i dialoghi (come il prete che fa battute macabre durante le omelie funebri) o attraverso atteggiamenti sopra le righe (ad esempio il patrigno del figlio del protagonista, che vuole dare in adozione il figliastro per motivi futili nonostante ponga in bella mostra sulla sua scrivania libri relativi alla religione di cui è autore).
Anche la regia svolge un ruolo importante nel delineare la componente comica. Da una parte, Perkins sottolinea la presenza inquietante della scimmia tramite zoom e dettagli, in particolare gli occhi e il ghigno, accompagnando queste inquadrature con suoni o musiche sinistre; dall’altra parte, la regia gioca con questi stessi espedienti visuali interrompendoli improvvisamente e sostituendo l’atmosfera orrorifica con una ilare.
La manipolazione delle aspettative spettatoriali legate al genere e finalizzate a generare la risata avviene anche in altri ambiti, ad esempio con la morte dello zio del protagonista: la regia crea le premesse per una morte violenta che però non viene mostrata, scegliendo invece di inquadrare direttamente il funerale, spezzando ancora una volta l’atmosfera di ansia tipica dell’horror per giocare con i codici stilistici del genere.
Inoltre, la storia procede per ripetizione e moltiplicazione esponenziale del macabro, dato che le morti causate dalla scimmia scandiscono il progredire degli avvenimenti e determinano una trama che si svolge a tappe, dato che ogni nuovo evento inizia dopo una disgrazia e termina con un’altra; oltre a ciò, la spettacolarità della violenza che caratterizza le morti cresce man mano che la storia procede. In questo modo, la trama contribuisce a spezzare l’atmosfera di paura dichiarando implicitamente l’irrealtà (e il fattore ludico) delle vicende rappresentate.
L’oggetto feticcio con poteri maligni che perseguita il nucleo famigliare e le morti violente sono tematiche tipiche dell’horror che, tuttavia, in The Monkey vengono riconvertite in senso comico. Questo si verifica anche tramite l’accumulo e l’esagerazione: lo splatter si fa sempre più cruento ed esibito, mentre le morti diventano via via più ricercate e originali, oltre ad aumentare esponenzialmente di numero. In tal modo, il film stabilisce una curiosa connessione con la comicità slapstick, in questo film declinata in senso macabro: i personaggi vengono improvvisamente attaccati dagli oggetti del mondo che li circonda, smettendo la propria funzione di utensili e diventando armi bianche portatrici di morte.