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The Messengers
I "messaggeri" del titolo sono i corvi, gli uccelli del malaugurio, ma qui sono un ambivalente segnale di avvertimento. Prima disturbano personaggi innocenti, poi attaccano il maniaco omicida, anche se a completare la vendetta saranno gli spettri furiosi delle sue vittime. I corvi che rivelano il colpevole non è un'idea nuova: vedi Opera (1987) di Dario Argento. E le minacce dei volatili derivano tutte dall'hitchcockiano Gli uccelli (1963). E' una storia di fantasmi, The Messengers, prima trasferta americana degli hongkonghesi fratelli Danny e Oxide Pang, dopo l'analogo The Eye. Il loro talento per i silenzi inquietanti, interrotti da rumorose e bizzarre apparizioni "ectoplasmiche", ha convinto Sam Raimi a coprodurre il film, ambientato in una fattoria canadese circondata dai girasoli. Là si trasferisce una famiglia della metropoli, i cui figli sono gli unici a vedere le presenze occulte della casa. I Pang hanno sperimentato una sintesi fra le "ghost-stories" asiatiche e l'American Gothic di campagna. Il risultato è contraddittorio. La suspense funziona e alcune sequenze mettono i brividi (vedi il teso gioco dei punti di vista quando uno spettro è davanti al bambino, mentre l'ignara sorella lo tiene in braccio; oppure la macchia indelebile sulla parete che si "condensa" in una livida zombie). Ma altre situazioni risultano déjà-vu, rubando qua e là sia dal terrore hollywoodiano (Poltergeist, Amityville Horror) sia da quello con gli occhi a mandorla (i nipponici The Ring e The Grudge, e i remake statunitensi).