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Come si dice poliziesco in tedesco? La risposta in The Kings Surrender (Wir waren Koenige), opera seconda del regista-sceneggiatore Philipp Leinemann, in concorso a Torino 32. Ed è una risposta assolutamente non disprezzabile: protagonisti, dei superpoliziotti, ovvero dei membri dei corpi speciali stile SWAT, e dei teppistelli, più o meno adolescenti. Le diverse sottotrame all'inizio procedono distintamente, salvo progressivamente avvicinarsi e intrecciarsi mentre la situazione precipita: alcuni poliziotti vengono massacrati, i due capi Kevin (Ronald Zehrfeld) e Mendes (Misel Maticevic) si disperano, nonostante il surplus di testosterone; il piccolo Nassim (Mohamed Issa) cerca in ogni modo di entrare nelle grazie del carismatico Thorsten (Tilman Strauss), che a sua volta gli chiede di trovare un impiego nel negozio del padre al migliore amico Ioannis (Oliver Konietzny). Una polveriera, e la scintilla arriva presto: Leinemann stringe sui fatti, carica l'adrenalina con una regia maschia almeno quanto l'humus antropologico, che si riserva una sola figura femminile di qualche rilievo.
E' un mondo di soli uomini, tra fratellanza, cameratismo e, soprattutto, scontri non esauriti dalla dialettica sbirri/criminali, né da quella buoni/cattivi: The Kings Surrender è platealmente tagliato con l'accetta, nondimeno scava nei suoi personaggi, che anche con poche scene assumono profondità psicologica. Davvero non male, se amate i polizieschi scandinavi troverete pane per i vostri denti. Non solo, analogie e ascendenze a parte, il film offre con Nassim una miccia che prendereste a schiaffi e un poliziotto bello più degli altri e, quindi si direbbe, retto più degli altri. E una domanda da poliziotti: “Se facciamo questa merda quale è la differenza tra noi e loro?” Risposta da poliziotto: “Che noi possiamo”. Ogni riferimento a fatti di cronaca italiani è puramente casuale.