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The Killer Inside Me
Fece gridare allo scandalo, poco meno di un anno fa, al Sundance Film Festival: anche per questo motivo, probabilmente, Michael Winterbottom ha rimesso mano al montaggio definitivo di The Killer Inside Me, riducendo i famigerati sette minuti del pestaggio di Jessica Alba ad una manciata di secondi. Che bastano comunque per inquadrare, definire i contorni di un personaggio difficilmente "collocabile": vicesceriffo serafico e misurato di una piccola contea texana dei primi anni '50, Lou Ford (Casey Affleck, al solito superbo) viene incaricato di far sloggiare la prostituta Joyce (Alba), "rea" di aver fatto innamorare il figlio del più importante e losco affarista della zona. Accolto in malo modo, risponde brutalmente: alla donna non dispiace e da quel momento inizia tra i due una relazione a base di sesso e violenza. Che sfocia in tragedia quando Lou "modifica" i termini di un accordo che non sarà più rispettato, lasciando campo libero alla sua indole di sadico psicopatico.
Si confronta con l'agghiacciante testo di Jim Thompson (scritto nel 1952) il britannico Winterbottom, ma perde di vista lungo il cammino la potenza di un racconto costruito interamente sulla narrazione in prima persona del protagonista, perversa mente criminale con un passato segnato da abusi e violenze. Fuggendo in modo quasi programmatico le derive del cinema pulp sdoganato da Tarantino, il regista di A Mighty Heart e Road to Guantanamo è sì impietoso quando si tratta di sfigurare il bel volto di Jessica Alba e non fa sconti neanche più avanti, quando c'è da pestare la "fidanzatina" Kate Hudson, ma perde di vista rigore e credibilità per quello che riguarda la struttura e le dinamiche della messa in scena, intanto senza mai fare un passo al di là della maniera e, soprattutto, popolando il racconto di figure di contorno che, incredibilmente, continuano a brancolare nel buio per quello che riguarda la risoluzione delle indagini. Al punto da non accorgersi nemmeno, verso l'epilogo del film, che la casa di Lou è impregnata di benzina e pronta ad esplodere da un momento all'altro. Ulteriore inverosimiglianza di un'opera che, coinvolgendo (inutilmente) nel pre-finale anche l'ormai ingolfato Bill Pullman, soffre di continui e noiosi sbandamenti dimenticando troppe volte il primo interlocutore di riferimento: il pubblico.