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Anche senza l'armatura di Iron Man il nuovo personaggio di Robert Downey Jr., Henry “Hank” Palmer, si sente invincibile: il protagonista di The Judge sfreccia per le strade di Chicago a bordo della sua Ferrari, domina nelle aule di tribunali condendo le arringhe argute con cinismo e arroganza, sfoggia una moglie-trofeo (“col fondoschiena da pallavolista”, parole sue) e vive in una villa da svariati milioni di dollari. La sua vita, insomma, sembra perfetta o almeno crede che lo sia finché questo presente all'apparenza idilliaco non deve scontrarsi con un passato mai del tutto cancellato.Quando, dopo 20 anni, torna nella cittadina di provincia dov'è nato e cresciuto per partecipare al funerale della madre e si ritrova all'ombra del padre, il giudice che dà il titolo al film, Joseph Palmer (il Premio Oscar Robert Duvall). L'incontro-scontro con la personalità di spicco locale riporta a galla conflitti mai sopiti. La sua famiglia, dice, sembra un “dipinto di Picasso”. Il salto indietro nel tempo lo mette spalle al muro anche come padre perché con la sua bambina – di cui non conosce il nome del pediatra né della maestra – in fondo ha trascorso solo fugaci momenti tra una deposizione e un processo. Tra le mura domestiche Hank non è affatto un avvocato di grido ma un figliol prodigo, anche se con la t-shirt dei Metallica).Intensa e intimista, questa prima pellicola firmata dalla casa di produzione Team Downey si rivela un progetto complesso per i livelli emotivi che riesce ad esplorare mentre si assiste all'ascesa e alla caduta del magistrato al centro della scena. Accusato di omicidio, l'uomo è costretto a rivolgersi all'ultimo difensore che avrebbe mai pensato di interpellare, il secondogenito Hank.Diretto con maestria da David Dobkin, che ne ha curato il soggetto assieme a Nick Schenk ispirandolo alla sua esperienza personale, The Judge rivela una potenza espressiva disarmante. Puntando i riflettori sulle ombre di un piccolo centro e scavando tra le miserie umane, spiazza e convince. Riporta lo spettatore all'infanzia, lo spinge a ripercorrere legami parentali e familiari forse lisi o addirittura spezzati ma senza buonismi né retorica.Un racconto onesto, quindi, che spoglia di ogni orpello la Giustizia mostrando le fragilità dell'uomo dentro la toga. Una metafora splendidamente affrescata, che dosa i toni della narrazione con sapiente maestria, sfruttando l'immenso talento di interpreti camaleontici, che danno il volto alla pubblica accusa (Billy Bob Thornton), all'ex fiamma mai dimenticata (Vera Farmiga) e al novellino del foro (Dax Shepard). In pausa dal milionario filantropo/eroe Marvel e dal detective nato dalla penna di sir Conan Doyle, Robert Downey Jr. conferma di non aver bisogno di alcun superpotere né di effetti speciali per conquistare l'anima dello spettatore.