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The Imitation Game
Il cinema comincia a interessarsi di Enigma relativamente tardi. La macchina di cifratura dei messaggi usata dai nazisti durante la seconda guerra mondiale, fa per la prima volta la sua comparsa in U-571 di Jonathan Mostow (2000), in cui gli americani cercavano di trafugarla da un sommergibile tedesco in avaria.
Ma è l'anno dopo che Enigma guadagna interamente la ribalta nel film omonimo diretto da Michael Apted (Enigma, 2001): qui la vicenda della sua decrittazione viene raccontata nei particolari, complice anche la possibilità di accesso ai documenti di archivio britannici, finalmente consultabili dopo essere stati secretati per 50 anni. Scopriamo così che a Bletchley Park un team di cervelloni formato da scienziati, linguisti e giocatori di scacchi lavorò per cinque anni alla risoluzione del codice. Il film lo menziona poco, ma di quel gruppo faceva parte anche Alan Turing. Matematico, logico, padre dell'informatica e omosessuale, Turing fu determinante per la soluzione di Enigma, grazie alla progettazione di una macchina – la Bomba - capace di svelare le impostazioni di crittografia dei tedeschi. Secondo gli storici la decrittazione di Enigma, oltre a far pendere le sorti del conflitto a favore degli Alleati, accorciò la guerra di ameno due anni e contribuì a salvare la vita di quattordici milioni di persone.
Basterebbe questo a fare di Turing un eroe, ma come ci rivela The Imitation Game, il film di Morten Tyldum che squarcia definitivamente il velo su questa vicenda, le cose andarono diversamente.
Nel 1952 Turing viene incriminato per il reato di omosessualità e messo di fronte a un bivio: o il carcere e o la castrazione chimica. Scelta la seconda, nel 1954, forse per la vergogna, Turing si suicida a soli 41 anni.
Tratto dal romanzo di Andrew Hodges (Alan Turing. Storia di un enigma), il film intende risarcirne la figura (dopo il mea culpa tardivo del governo inglese nel 2009) mettendo sullo stesso piano l'unicità del genio e una personalità estremamente vulnerabile. Il racconto oscilla così tra ammirazione e compassione per un uomo straordinariamente dotato e altrettanto straordinariamente solo. Rifiutando la classica linearità del biopic, The Imitation Game cerca di cogliere il senso di una vita attraverso l'articolazione di tre momenti temporali distinti ma tra loro fortemente intrecciati (anche grazie al montaggio estremamente fluido di William Goldenberg): 1927 alle Sherborne School nel Dorset, dove il 15enne Alan Turing è uno studente schivo e impacciato, destinatario del bullismo dei suoi coetanei ma anche delle premure di un compagno di classe, Christopher, che gli farà scoprire crittografia e orientamento sessuale; 1939-1945 al Bletchley Park di Buckinghamshire, in cui lavora con un'equipe di critto-analisti a un macchinario capace di smascherare Enigma; 1952 a Manchester, l'interrogatorio di polizia e la successiva incriminazione per atti osceni.
Tre pezzi di vita che ne formano uno solo, cuciti insieme dal filo rosso di una tormentosa diversità e - conseguentemente - dall'ossessione per il segreto: l'Alan Turing impersonato da Benedict Cumberbatch si definisce e consuma a partire da un' ineliminabile distanza dal mondo, ora orgogliosamente rivendicata (Turing tratta il prossimo con sdegno, non facendo mai mistero della propria intelligente superiorità) ora dolorosamente tenuta nascosta. Più dell'omosessualità, di lui spaventa l'inflessibile rigore matematico, la logica al di là del cuore, la freddezza della macchina. Persino l'unica donna capace di amarlo (la Joan Clarke di Keira Knightley) lo definirà un “mostro”.
Sull'impenetrabile matematico Cumberbatch cuce addosso l'uomo dallo sguardo impaurito, l'andatura goffa, il timido balbettio e quella luce negli occhi, ma la parte relativa all'inventore, l'avventura della messa a punto del macchinario “Bomba” (che Turing chiama “Christopher”, tradendo una forte pulsione affettiva dietro la fascinazione per i congegni elettronici, i calcoli e i fili di rami), resta di gran lunga la migliore mentre quella dedicata alla persecuzione è sbrigativa e stereotipata.
La regia di Tyldum predilige i movimenti di macchina, a sottolineare la frenesia di una tragedia che incombe e l'affannosa corsa contro il tempo per rovesciarne le sorti. Briosa la colonna sonora di Desplat, tutta archi e piano. La luce di Oscar Faura propende invece per la scala di grigi, ma le scene di guerra virano inspiegabilmente sul blu e appaiono vagamente posticce.
Il titolo, The Imitation Game, fa riferimento a un libro mai scritto da Turing, in cui si sarebbero teorizzate affinità e differenze tra il pensiero umano e quello della macchina. Ma può anche riferirsi beffardamente all'unico gioco che vide Turing sconfitto: quello dell'imitazione e del camuffamento sociale che, vi fosse riuscito, gli avrebbe salvato la vita.