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Già dalle prime luci dell’alba, Janno è nei campi ad aiutare il padre nelle sconfinate distese della tenuta di famiglia. Si dà da fare con il bestiame, poi a casa aiuta la madre con le tre bambine più piccole (adottate alla morte della sorella). E non dimentica di dedicare il tempo alla preghiera, in casa come all’esterno, visto che il ragazzo è ben inserito nel gruppo di coetanei cristiani osservanti.
Siamo in Sudafrica, in una roccaforte afrikaner dove tutti si conoscono, si rispettano, e dove i più giovani si rivolgono agli adulti chiamandoli zii.
Ma l’adolescenza di Janno viene messa a dura prova quando la madre, fondamentalista cristiana, decide di accogliere in casa Pieter, coetaneo del ragazzo, orfano problematico e misterioso. La valvola impazzita destinata a cambiare le carte in tavola di un meccanismo oppressivo.
Notevole opera prima di Etienne Kallos – regista greco-sudafricano – Die Stropers (The Harversters), letteralmente “i mietitori”, offre un’interessante lettura del ribaltamento prospettico su una situazione.
L’arrivo dell’elemento dissonante – Pieter, interpretato con insindacabile talento da Alex Van Dyk – sarà portatore di uno shock che, a lungo andare, permetterà a Janno (Brent Vermeulen, molto bravo anche lui nei panni del perfetto “automa”) di prendere poco a poco coscienza di sé e del contesto in cui si è trovato a crescere.
Ma non solo, e qui sta forse la cosa meglio riuscita del film (che riesce anche a sedurre con quei meravigliosi campi lunghi e per un’evidente capacità nel saper mettere la macchina da presa sempre al posto giusto), perché a Kallos interessa indagare soprattutto il modo in cui il rapporto tra questi due fratellastri prende forma, non accontentandosi delle semplici coordinate emotive, relative al detestarsi o al volersi bene, ma suggerendo quanto ad un eventuale raggiungimento del punto di contatto faccia poi seguito un inevitabile sviluppo individuale, uguale e contrario.
Ed ecco che il ribelle incomincia ad intuire la comodità insita nell’ammansirsi e il mansueto, viceversa, a sviluppare quella rabbia incendiaria tenuta sopita per troppo tempo. Un film sul concetto di fratellanza, inteso anche al di là delle mura domestiche.
E un regista da tenere d’occhio, a Cannes in Un Certain Regard e naturalmente in corsa per la Camera d’Or.