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The Future
Trenta giorni nella vita di un gatto e sei in quella di un cavallo. Quest'ultimo assai più sfortunato del primo, eppure fulgido protagonista di The Turin Horse dell'ungherese Bela Tarr, insieme con un uomo, la figlia e la fine del mondo. In The Future di Miranda July, in concorso alla Berlinale come l'estremo film di Tarr, la voce narrante è quella di un micio, Paw Paw. Appena adottato dalla giovane coppia Sophie e Jason, deve rimanere "ospitalizzato" per un mese perché ha una zampina rotta. La bestiola sogna di tornare a correre, giocare e acchiappare gli uccellini mentre i nuovi padroni cercano di dare una svolta alle rispettive esistenze. In primis lasciare il lavoro: lei insegna danza ai bambini ma vorrebbe realizzare qualcosa di suo, lui è il telefonista di un call center virtuale e convivono in un piccolo appartamento di Los Angeles, eternamente collegati a Internet. Paw Paw dà la spinta decisiva: mollano tutto per prepararsi a riceverlo con tutti gli onori quando finalmente sarà guarito. Nel mentre succedono tante cose, alcune per davvero, altre nella loro immaginazione. Lei lo tradisce senza motivo, forse la noia. Lui passa le ore con un vecchietto, più solo di lui (mollato il call center Jason fa il volontario per una causa ambientalista), e si convince di poter fermare tempo e maree (qui il tentativo di citare Michel Gondry appare più evidente). I dialoghi surreali, coadiuvati dall'ambientazione losangelina, sono divertenti, pero' non sempre riusciti. Come l'opera seconda dell'americana Miranda July, vincitrice della Camera d'Or a Cannes nel 2005 con Me and You and Everyone We Know. Scrittrice e videoartista prima che regista, si autodirige con estro (bravo anche Hamish Linklater), per raccontare la paura del futuro e la pochezza della web generation. Non a caso il titolo originale era Satisfaction, inteso nel senso più amaro della parola. Che è anche il gusto prevalente di The Future, soprattutto un film mancato, anche se coraggioso (nelle intenzioni).