In America, se ti si palesa all’improvviso una grande opportunità e non sai se sei effettivamente in grado di coglierla, è molto probabile che amici e colleghi ti spronino ad accettare con la frase simbolo dell’ascesa inarrestabile della Silicon Valley (culla della tecnologia e dell’innovazione): “Fake it till you make it”, ossia “Fingi (di saper fare qualcosa) fino a quando non lo ottieni”.

Attenzione però: il verbo “ottenere” non si riferisce all’acquisire tale posizione (oppure a ricevere un grosso finanziamento) bensì allo sviluppare effettivamente le competenze specifiche necessarie a mantenere quanto ottenuto in precedenza, millantando capacità che all’inizio (per mancanza di tempo, formazione scolastica o di opportunità) non si avevano.

Semplificando al massimo: se ti serve a raggiungere un obiettivo, dì che sai fare una cosa, ripeti a te stesso che ne sei in grado e quindi impara a farla il prima possibile. Ma cosa succede se si continua a fingere per nascondere il fatto che non si è minimamente in grado di realizzare quanto garantito in partenza? E, peggio ancora, cosa accade se questa menzogna coinvolge la vita e la salute di migliaia di persone?

La risposta risiede nella storia esemplare di Elizabeth Holmes, ventenne con il mito di Steve Jobs, che nel 2003 fonda la startup biomedica Theranos, promettendo di rivoluzionare il sistema diagnostico statunitense tramite una macchina capace di eseguire oltre 240 esami (dalle più comuni analisi ematiche al test HIV) utilizzando una singola goccia di sangue.

La Holmes riceve finanziamenti milionari e diviene la self-made woman under 35 più ricca del mondo (portata come esempio alle nuove generazioni da Henry Kissinger, George Shultz, Bill Clinton, Barack Obama e Joe Biden), ma è tutto falso.

Neppure conoscere in anticipo la vicenda (ampiamente coperta dalla stampa internazionale e tuttora in corso), impedisce di rabbrividire guardando The Dropout, la nuova formidabile creazione di Elizabeth Meriwether (già autrice della fortunata sitcom New Girl) basata sull’omonimo podcast, condotto della giornalista investigativa Rebecca Jarvis, prodotto da ABC News e incentrato sull’ascesa e caduta della Theranos.

Quando una truffa incredibile diventa oggetto di miniserie o si scivola nell’eccesso autocompiaciuto (vedi Inventing Anna) o, come in questo caso, si abbraccia la via del rigore estremo, mostrando come la realtà possa essere tanto assurda quanto agghiacciante. La stratificazione inizia dalla scelta del titolo, dato che “dropout” racchiude in sé tre significati chiave quali “perdita” (e che perdita: si parla di una frode da 945 milioni di dollari, mica bruscolini), “emarginato/a” e “persona che abbandona gli studi” (o si ritira da una competizione).

Difatti Elizabeth (alla quale dà volto, movenze e occhi Amanda Seyfried, destinata a fare il pieno di candidature nel corso della prossima Awards Season) ha appena 19 anni quando lascia la facoltà di ingegneria chimica a Stanford e decide di votarsi all’unico obiettivo che ha sin da piccola: diventare miliardaria inventando un prodotto rivoluzionario.

Pur essendo una privilegiata cresciuta in una famiglia affettuosa e una studentessa dotata di intelligenza brillante, la Holmes è un’outsider assetata di attenzioni (si lega a Ramesh “Sunny” Balwani/Naveen Andrews, un imprenditore con il doppio dei suoi anni, ma capace di plasmarla assecondandone il narcisismo) e con una mancanza di empatia ai limiti del sociopatico.

Archiviata la proposta di un cerotto in grado di testare di sangue e, contemporaneamente, di rilasciare la giusta dose di antibiotici, Elizabeth concepisce un’idea tanto semplice quanto accattivante: sviluppare una tecnologia in grado di ridurre al minimo il disagio del prelievo venoso (eliminando siringhe e fiale) e di ottimizzare al massimo le tempistiche delle analisi ematiche. Da qui la scelta di chiamare la neonata azienda Theranos, nome che unisce “therapy” e “diagnosis”.

Affascinati dalla nobiltà di tale obiettivo, illustri biochimici (Ian Gibbons/Stephen Fry), ricercatori entusiasti (Rakesh Madhava/Utkarsh Ambudkar ed Edmond Ku/James Hiroyuki Liao), stimati docenti (Channing Robertson/Bill Irwin) e designer di grido (Ana Arriola/Nicky Endres) si uniscono al progetto, senza nemmeno immaginare che alla loro leader non interessa raggiungere il prestigioso traguardo scientifico rispettando le regole, ma riscuotere immediatamente il successo a cui punta da sempre.

The Dropout -- Money. Romance. Tragedy. Deception. Hulu’s limited series “The Dropout,” the story of Elizabeth Holmes (Amanda Seyfried) and Theranos is an unbelievable tale of ambition and fame gone terribly wrong. How did the world’s youngest self-made female billionaire lose it all in the blink of an eye? Sunny Balwani (Naveen Andrews) and Elizabeth Holmes (Amanda Seyfried), shown. (Photo by: Beth Dubber/Hulu)
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The Dropout - Money. Romance. Tragedy. Deception. Hulu’s limited series “The Dropout,” the story of Elizabeth Holmes (Amanda Seyfried) and Theranos is an unbelievable tale of ambition and fame gone terribly wrong. How did the world’s youngest self-made female billionaire lose it all in the blink of an eye? Sunny Balwani (Naveen Andrews) and Elizabeth Holmes (Amanda Seyfried), shown. (Photo by: Beth Dubber/Hulu)

Non serve che la tecnologia Theranos funzioni, basta che i magnati, i politici, la stampa e l’opinione pubblica lo credano. Se Elizabeth ha avuto una visione rivoluzionaria ed è circondata da un team di alto livello, è matematico che prima o poi si concretizzi, no? Come si diceva all’inizio, fake it till you make it. Per assicurarsi i contratti sanitari, anziché potenziare laboratori e comparti scientifici, meglio investire sull’estetica dell’azienda, sul team legale, sul marketing e sulla sicurezza armata. Cosa importa se gli esiti degli esami sono errati? Prima o poi “si sistemeranno”.

Il castello di carte crollerà, ma sarà una faccenda lunga e dolorosa perché, dal momento la Theranos è guidata da una giovane non laureata di successo (una novella Steve Jobs, ma “con una coscienza sociale e un cuore grande”), chiunque avanzi dei leciti dubbi viene tacciato di essere misogino e/o geloso. Resta impresso l’amaro scambio di battute fra la professoressa Phyllis Gardner (Laurie Metcalf), accusata pubblicamente da Elizabeth di non supportare le altre donne, e il dottor Richard Fuisz (William H. Macy).

 

“Sai quante volte mi è stato detto: Non puoi farcela? Il sessismo che ho affrontato era così scoperto e crudele da togliermi il fiato, ma lei pensa che non abbia appoggiato la sua idea perché aveva avuto più fortuna di me e quindi cosa sarei io? Invidiosa di lei?” “Lo sei?” “Cazzo, no, ma sono furiosa! Ho appoggiato le donne per tutta la mia carriera e quante chance hanno le donne di fare ciò che fa lei, di essere il CEO di un’importante startup? Lei ha rovinato tutto, ne usciamo tutti male. È questa la triste verità ed è davvero imperdonabile”.

Anche qui, aveva ragione: se prima per le giovani imprenditrici ottenere capitali esterni era difficile, dopo il caso Holmes farsi finanziare nuove idee è una missione quasi impossibile.