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The Devil’s Candy
Il ritorno all’horror satanista, come neanche negli anni ’70, conosce un altro pregevole episodio dopo il sorprendente e dreyeriano The Witch e il piacevole intermezzo di Autopsy.
The Devils’ Candy dell’australiano Sean Byrne si situa esattamente in mezzo a questi due modelli, prendendosi doverosamente sul serio come il primo ma esibendo una più spiccata benevolenza per il pubblico come il secondo.
E se il riff diabolico della musica metal potrebbe anche far pensare a Le streghe di Salem di Rob Zombie, qui le schitarrate dei servi di Lucifer servono a coprire il sacrilego rumore di “voci” nella testa, che si sostituiscono alla Parola di Dio e impongono di ammazzare.
Di questo satan b-movie piace l’ambientazione singolare, nella sudata campagna texana, terra di bifolchi più che di possessioni; la scelta dei personaggi, dall’omicida, un omone ritardato con le scarpe da ginnastica e lo sguardo perso tipo Palla di Lardo, alla vittima, la figlia tatuata e crinocolorata di un pittore scalcagnato che si atteggia a e si concia da rockstar; oltre che un’inedita tempra morale, da bei tempi andati, di chi non si adagia sul cliché della dannazione a tutti i costi.
Meriterebbe di essere salvato solo per questo.