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A ridosso del Natale del '74 gli schermi di tutto il mondo proiettavano l'omonimo film, tratto dal romanzo di William Peter Blatty, The Exorcist.
A dirigere il satanic movie più celebre nel mondo fu, su richiesta dello stesso scrittore e produttore, William Friedkin, già regista del riuscitissimo Il braccio violento della legge. Friedkin, che da sempre si dichiara agnostico, sembrava a noi tutti aver vissuto quell'esperienza in maniera esclusiva, discostandosi poi dal tema che più lo ha reso noto al grande pubblico.
Ma con Venezia 74 arriva la smentita: Friedkin infatti torna sull'argomento con un documentario (fuori concorso) dal titolo The Devil and Father Amorth.
A metà tra documentary e found footage, quello che potremmo definire "il ritorno al genere" di Bill Friedkin è un interessante lavoro di ricerca, attraverso le immagini esclusive di un reale esorcismo messo in pratica su di una giovane definita "posseduta" (qui al suo nono esorcismo) dal più celebre rivale del demonio, sulle cause che possono scatenare inspiegabili comportamenti e fenomeni più semplicemente definiti "possessione". Friedkin non prende posizioni unilaterali consultando psichiatri e uomini di scienza, ma anche altri fedeli servitori della Chiesa come l'arcivescovo di Los Angeles che ammette di aver paura ad affrontare il demonio.
Più che un documentario su Amorth, quello di Friedkin è un documentario sul tema con Amorth. Il regista si muove tra Alatri, Roma e Los Angeles raccogliendo testimonianze, immergendo le mani negli inferi, facendo incetta di dichiarazioni esclusive, portando lo spettatore sulle location del suo terrificante set, ma senza la pretesa di fornire una spiegazione (razionale o meno) ultima a uno degli argomenti più discussi dei nostri tempi.
Senza infamia né lode, Friedkin realizza un lavoro che intrattiene e incita all'approfondimento, già solo per essere firmato dal regista del film più terrificante di tutti i tempi. The Devil and Father Amorth è un lavoro destinato a rimanere, citando Regan, "nel tempo...nel tempo".