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The Circle
“Il potenziale inespresso”. È questa la cosa che teme di più Mae Holland (Emma Watson).
O, quantomeno, quello che dichiara durante il colloquio preliminare per farsi assumere a The Circle. Che poi è l’azienda intorno cui ruota il romanzo omonimo di Dave Eggers (2013, Mondadori), ora portato sullo schermo da James Ponsoldt.
Il paradosso, con soli quattro anni di distanza dalla pubblicazione del romanzo alla resa filmica, è che sembra di trovarsi di fronte ad una tipologia di fantascienza su un presente distopico (ma fino a un certo punto) ormai fuori tempo massimo.
Basti pensare, ad esempio, all’exploit di applicazioni per il live streaming (da Periscope alle stesse “dirette Facebook”), strumenti in grado di renderci trasparenti né più né meno di quanto ipotizzato da Eggers solamente poco tempo fa.
Questione che naturalmente è al centro del film: la giovane Mae viene assunta dall’azienda leader mondiale di tecnologia e social media, azienda che conta miliardi di iscritti grazie a TruYou: un solo account, una sola identità, una sola password, un solo sistema di pagamento per ogni singola persona.
È l’opportunità della vita per Mae che, poco a poco, entra nelle grazie del Fondatore della società, Eamon Bailey (Tom Hanks, che a breve vedremo anche in Ologramma per il re, altro film tratto da un romanzo di Dave Eggers).
Ma essere dentro al Cerchio significa essere i primi a condividere tutto (o quasi) di se stessi.
Concetto che la ragazza sperimenta ben presto in maniera totale, quando Bailey le chiederà di rinunciare totalmente alla propria privacy per vivere la sua vita in un regime di trasparenza assoluta.
Con la microcamera SeeChange attivata per seguirla, h24, in ogni suo spostamento, in ogni sua conversazione, in ogni momento della sua giornata, anche i più intimi.
Da qui, la domanda intorno cui ruota tutto: è possibile bilanciare gli ipotetici benefici di una società totalmente trasparente con la necessità delle persone di mantenere la propria privacy?
Ma è una questione, e torniamo così al paradosso iniziale, che da un punto di vista etico e morale l’audiovisivo cerca di esplorare da tempo, basti pensare alla creatura tv di Charlie Brooker, Black Mirror, che sembra arrivata ieri ma che ha visto la luce già sei anni fa, nel 2011.
Nel film di Ponsoldt (regista che conferma di avere a cuore i romanzieri contemporanei, considerato anche The End of the Tour, incentrato sull’intervista che David Lipsky fece a David Foster Wallace), poi, la sensazione è che l’interrogativo ancora oggi al centro di molti dibattiti si scontri con la natura vagamente thriller dell’operazione, schiava di una tensione verso il sensazionalistico che rischia di rendere grossolano qualsiasi altro tentativo di riflessione.
D’altronde, già dalla caratterizzazione di un Tom Hanks con tazza di tè in mano alle innumerevoli convention interne per il lancio di nuovi prodotti (ehi, Steve Jobs, sei ancora tra noi?!?...) e dalla misteriosa figura che se ne sta in disparte nel campus (John Boyega, che interpreta Ty, sedicente altro fondatore di The Circle ora contrario alle nuove politiche dell’azienda…), è facile comprendere come il primo degli interessi fosse quello di strizzare l’occhio ad un pubblico che, nonostante tutto, trovasse facili ancoraggi iconici e visivi, oltre alla cifra mistery che fa sempre presa.
“Il potenziale inespresso”, si diceva a inizio film. E il The Circle gira.