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The Bad Batch
Il lotto difettoso, The Bad Batch, è quello dal quale gli scarti della società vengono cacciati e lasciati al loro destino, nell'outback texano. Arlen (Suki Waterhouse), graziosa fanciulla, è una di questi reietti. Subito catturata da una comunità di cannibali accampata nel deserto, viene mutilata di un braccio e di una gamba. E tenuta in catene. Riesce però a liberarsi e, miracolosamente, raggiunge Comfort, avamposto dove tutti i "difettosi" possono continuare a vivere in tranquillità, senza il rischio di essere mangiati. Per farlo, venerano il Sogno, The Dream (Keanu Reeves).
Due anni fa, con A Girl Walks Home Alone at Night, Ana Lily Amirpour aveva stupito più di qualcuno. Abbandonato il bianco e nero della città fantasma iraniana infestata dal vampiro, la regista capisce che il terreno è fertile per tentare il salto verso l'indie che conta, il cult movie con cui rinverdire i fasti del filone distopico e post-apocalittico.
D'accatto e, quel che è peggio, tremendamente noioso, The Bad Batch è smaccato nel suo voler essere cool e al tempo stesso "d'autore", pensa di far colpo con qualche braccio e gamba sulla graticola, una dozzina di ralenti con luci al neon, soundtrack fighetta e allucinazioni desertiche. Per non scontentare proprio nessuno, poi, ci mette dentro anche il cannibale gentile, culturista e pittore (Jason Momoa) e una bimba che preferisce non parlare (e menomale). Ah sì, c'è anche Jim Carrey, muto e irriconoscibile homeless errante, con carrello al seguito.
Poggiato quasi interamente sull'interpretazione di Suki Waterhouse (che sarà pure una brava modella, ma come attrice non è poi meglio della nostra Martina Stella), il film finisce per essere un'accozzaglia di già visto (si pensi allo stuolo di gestanti che circondano Keanu Reeves...), ma è un déjà-vu mutilato e fastidioso, dato che l'operazione di Amirpour può anche guardare a "modelli" come il recente Mad Max: Fury Road di Miller, ma non li vede nemmeno con l'ausilio di un potentissimo cannocchiale.
The Bad movie, insomma. Ma non nel senso di "cattivo", proprio "difettoso". Come il lotto del titolo.