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L'unione fa la cassa. Eccole qui le intenzioni della rimpatriata di supereroi - Iron Man e Thor, Hulk e Captain America, più i membri dello S.H.I.E.L.D. - organizzata dalla Marvel. Sprovvista di altre scusanti (mitopoietiche, estetiche, culturali) l'operazione suona così spudorata che ogni ulteriore commento sarebbe anodino. Per non dire dell'uso - abuso? - del 3D, che nulla aggiunge allo spettacolo e molto toglie all'occhio in termini di messa a fuoco (specie con quei concentrati di azione che sono gli odierni blockbuster, portati naturalmente a saturare l'immagine). Il cinismo è senza rimedio: si alza il prezzo del biglietto pure a costo della qualità della visione.
Non ci resta che il film, sempre ammesso che lo si possa trattare a prescindere. Va detto che Joss Whedon, incaricato principale dell'incombenza (è regista e sceneggiatore), ce la mette tutta per non soccombere a una struttura narrativa e produttiva oltremodo ingombrante, concedendo medesimo spazio e cura ai tanti mattatori dello show e ai loro interpreti stellari (da Robert Downey Jr. a Scarlett Johansson, da Samuel L. Jackson a Mark Ruffalo). Sforzo insufficiente in ogni caso a neutralizzare le tare di un impianto farraginoso per concezione.
Interessante semmai è il modo in cui The Avengers rilancia l'immagine antiquata di un'America tosta e orgogliosa, ancora illusa di essere la superpotenza capace da sola - trascinata dai suoi capitani coraggiosi - di affrontare, scongiurare, qualsiasi Armageddon. Purchè si chiuda quel dannato portale - figura eidetica di un isolazionismo di ritorno - che vorrebbe trascinarla nuovamente all'incontro con l'Altro.