In una delle sequenze più famose della storia del cinema, Al Pacino e Robert De Niro prendevano un caffè in notturna. L’uno era il poliziotto, l’altro il criminale. Giocavano al gatto e al topo, ma erano le due facce della stessa medaglia. Il film era Heat – La sfida di Michael Mann (un capolavoro), ed entrambi sostenevano di non saper far altro nella vita, di non poter cambiare la loro natura. Forse è proprio questo il destino dei personaggi interpretati da questi due giganti. Prestano il volto a uomini tormentati, che non possono discostarsi da quello che devono rappresentare.

È ancora il caso di Robert De Niro, di nuovo boss mafioso in The Alto Knights – I due volti del crimine di Barry Levinson. Il regista non realizzava un film da un decennio, da Rock the Kasbah. Per tornare dietro la macchina da presa, sceglie di portare un doppio De Niro sullo schermo. Si tratta di una moda rinvigorita, come abbiamo visto neanche un mese fa in Mickey 17 di Bong Joon-ho (in quel caso si trattava di Robert Pattinson). E non è certo la prima volta che due gangster abbiano in un film la stessa faccia: era già successo nel 2015 in Legend di Brian Helgeland, con Tom Hardy.

Levinson dimostra di essere fedele ai classici del genere. Un omaggio al mito, ma con una certa dose di malinconia, in una narrazione un po’ desueta, che meritava più vigore. De Niro sembra il boss di The Irishman, in cui confessava la sua vita a un interlocutore immaginario, che poteva essere Scorsese o lo spettatore. Anche in The Alto Knight è un malavitoso ormai in declino, ancorato a una dimensione di “solo chiacchiere e distintivo”. Levinson non è più il regista di Rain Man e Good Morning, Vietnam, ma tenta (non con ottimi risultati) di far appassionare il pubblico. Costruisce un film col pilota automatico che, invece di regalare qualche sorpresa, si adagia sui canoni del genere, ammiccando non solo a Scorsese, ma anche a Coppola e a Il padrino (specialmente il secondo capitolo).

Siamo negli anni Cinquanta, a New York. I personaggi reali sono Vito Genovese e Frank Costello. Gestiscono il malaffare, si arricchiscono contro la legge. Un giorno Genovese assume Vito Gigante per uccidere Costello, e tutto cambia. La realtà che abitavano implode, il doppio si fa singolo. Costello e Genovese incarnano un mondo in declino, una società che fa acqua da tutte le parti. Ed è qua lo sguardo sull’oggi: la destrutturazione, la perdita di ogni punto di riferimento morale. Levinson riporta in vita il mafia movie come lo conoscevamo. Poteva osare di più, anche se ha evitato comunque lo scempio di Capone di Josh Trank. Ma, moltiplicando De Niro, avremmo voluto un esito formidabile.