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Tehroun
Tehroun, cioè Tehran in dialetto, come finora non l'aveva mai raccontata nessuno. Una capitale popolata da milioni di abitanti, soffocata dal traffico, polverosa nelle periferie miserabili e tirata a lucido nei quartieri dei ricchi, ma soprattutto una città che come molte metropoli occidentali e non nasconde un ventre malato. Ed è sulla parte sporca che punta l'attenzione, svelando strade e giardini dove come ovunque nel mondo le prostitute si muovono alla ricerca di clienti, appartamenti privati dove si fanno feste a base di alcol con donne che liberano finalmente i loro capelli, negozi di facciata che coprono invece attività illecite.
Tehroun è in questo senso un film esplosivo che parte aderendo al più classico dei generi, cioè al racconto realista, per poi diventare un gangster movie dagli esiti drammatici. Al centro della vicenda, Ibrahim fa la sua apparizione mentre chiede l'elemosina esibendo un neonato per impietosire i passanti. Ma qualcosa da subito non quadra: al bambino vengono attribuite continuamente età diverse e troppe losche sono le figure che si muovono intorno al padre e al supposto figlio. Quando il neonato viene rapito, si capisce che il patetico quadro neorealista sta per subire uno strappo e che dietro la tela apparirà una società corrotta dove nulla è risparmiato, traffico di bambini compreso. Per girare questo controcanto iraniano il regista si è dovuto forzatamente arrangiare, e infatti ogni immagine è stata rubata dal vero da una troupe ridotta al minimo e ben mimetizzata tra la folla. Dopo due settimane di riprese Nader T. Homayoun è tornato a Parigi, dove vive, per montare il film. Non sappiamo che accoglienza gli riserverà l'establishement iraniano, ma è facile immaginare che la visone di una Tehran sordida e talmente povera da indurre a scelte immorali i più disgraziati dei suoi figli arriverà come un colpo sparato a tradimento. Tanto più che lo sguardo è anche stilisticamente innovativo nel suo distanziarsi da quella impaginazione manierata che ha caratterizzato la produzione iraniana degli ultimi anni. Un esordio coraggioso dunque, che vale la pena di essere sostenuto e aiutato a percorrere il cammino dei festival se non quello della distribuzione ufficiale.