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Tchaikovsky's Wife (Zhena chaikovskogo) - Image Credit HYPE FILM
C’è un momento, più di ogni altro, in Tchaikovsky's Wife (Zhena Chaikovskogo), che sa cogliere e restituire in un unico pianosequenza (uno dei molteplici sparsi nel corso dell’intero film) le sfumature del personaggio principale, Antonina Miliukova (Alyona Mikhailova, un po’ Marion Cotillard, un po’ Giovanna Mezzogiorno).
Il marito, il celeberrimo compositore Pyotr Tchaikovsky (Odin Biron) non ne vuole più sapere di lei e sta per salire a bordo di un treno. Le chiede la gentilezza di non rimanere lì sulla banchina ad attendere la partenza del treno e lei, obbediente, si va a nascondere dietro una vetrata all’interno della stazione.
Rimane ferma lì, ad osservare, mentre intorno un gruppetto di soldati tenta di approcciarla senza fortuna. Il suo sguardo è fisso verso le carrozze, quello che accade intorno non le interessa. E quando si sposterà da lì sarà per accogliere nuovamente il marito (che però non c’è), tornato chissà quanto tempo dopo con un altro treno.
Ecco, con questa straordinaria ellissi Kirill Serebrennikov (che torna in gara a Cannes dopo Petrov’s Flu dello scorso anno) porta a casa il grosso di un discorso che invece rischia di protrarsi un po’ troppo per le lunghe (143’ sono molti), seppur sostenuto da una costruzione e da un andamento fluido che i vari long-take di cui sopra nobilitano con indiscutibile potenza.
È quasi sempre un vociare indistinto quello che contorna i peregrinaggi di Antonina, giovane donna talmente determinata a trascorrere il resto dei suoi giorni accanto all’unico uomo che ha deciso di amare, Tchaikovsky appunto, dal non accorgersi, dal non voler ammettere, dal non voler capire che l’uomo così amato non potrà mai ricambiarla. Semplicemente perché “non ho mai amato una donna in vita mia e non lo farò mai”.
L’incipit è a suo modo profetico: 1893, Tchaikovsky è morto, la moglie raggiunge la casa dove giace. Tutto intorno, come detto, massa di persone, chiacchiericcio e spifferi (per certi versi torna alla mente Tramonto di László Nemes), “fate largo alla vedova!”, “fate largo alla vedova!”. Rimane sull’uscio della stanza dove il corpo senza vita del marito riposa. E Tchaikovsky si alza, indispettito nel ritrovarsela lì.
Tchaikovsky's Wife (Zhena chaikovskogo) - Image Credit HYPE FILM
Serebrennikov a quel punto ritorna indietro al 1877, anno in cui le insistenze di Antonina convinsero il compositore a cedere, chiedendola in sposa. Non foss’altro per mettere a tacere gli insistenti rumors relativi alla sua omosessualità.
Da quel momento inizia l’incubo, per entrambi. La storia, quella vera, vuole che i due dopo una manciata di settimane non si siano mai più visti, con la donna che in seguito alla separazione venne internata in un manicomio, dal quale scrisse il suo memoriale, per poi morire nel 1917.
Il film, invece, prende un’altra strada. Ed è quella dell’ostinazione/follia di una donna disposta a tutto pur di non veder naufragare il sogno della propria vita. In un’epoca in cui il divorzio era possibile solo ammettendo o riconoscendo le infedeltà proprie o del coniuge, Antonina non vuole soccombere all’idea di non essere più “la moglie di Tchaikovsky, condannandosi ad un tormento senza fine.
A tratti estenuante, ma sorretto come detto da una messa in scena e da movimenti di macchina sinuosi, il film di Serebrennikov – regista da anni osteggiato dal governo russo per le sue posizioni fortemente critiche nei confronti delle leggi antidemocratiche del Presidente Putin – concede forse un po' troppo alle derive camp di situazioni tutto sommato superflue (Antonina contorniata da cinque-sei culturisti nudi, Antonina che si lascia ammirare dall'uomo moribondo mentre si masturba), probabilmente quasi ad omaggiare The Music Lovers di Ken Russell, film che nel '71 già raccontava - a modo suo - della storia di questo matrimonio.
Tchaikovsky's Wife è già stato acquistato da I Wonder Pictures, che di Serebrennikov ha già distribuito in Italia il citato Petrov’s Flu, Summer e Parola di Dio.