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Tatanka
Roberto Saviano l'ha benedetto, ribadendo quest'oggi in un lungo articolo per Repubblica ("La vita in un pugno") alcuni dei passaggi del suo "Tatanka scatenato", racconto presente nel volume "La bellezza e l'inferno", edito da Mondadori. Ma Tatanka, opera seconda di Giuseppe Gagliardi, pur ricordando sulla locandina - e a caratteri cubitali - l'origine di provenienza, deve a quel racconto l'ambientazione, il titolo e la presenza di Clemente Russo, peso massimo già campione del mondo e vicecampione olimpico, per tutti a Marcianise "Tatanka" (termine con cui i Lakhota Sioux indicano il bisonte maschio). Ma nulla di più: rarissimo caso (forse unico) in cui un vero campione del ring arriva sul grande schermo per impersonare un pugile "di finzione" (siamo abituati da sempre a vedere grandi star interpretare le leggende della boxe), il film di Gagliardi prende dunque spunto dalla realtà della palestra Excelsior Boxe, dove si sono costruiti pugili come Russo e Domenico Valentino, e sviluppa - su una sceneggiatura firmata a 10 mani... - un romanzo di formazione che prende le mosse dall'adolescenza del ladruncolo Michele e dall'amicizia con il futuro camorrista Rosario. Quando l'allenatore Sabatino (Giorgio Colangeli), personaggio ispirato solo in parte al vero Mimmo Brillantino, scorge le potenzialità del primo, il pugilato potrebbe rappresentare per quel ragazzo la via d'uscita da un destino già scritto. Debitore di un realismo à la Gomorra soprattutto nella prima parte del racconto - dove il fulcro della narrazione è tutto sui giovani non professionisti Lorenzo Scialla e Vincenzo Pane - Tatanka è lineare e programmatico tanto nelle intenzioni quanto nella resa, offrendo anche momenti di buona tensione e notevole intensità, sfruttando al meglio la possibilità di filmare incontri di boxe "dal vero" grazie alla presenza sul set di pugili reali. Ma a lungo andare, dopo l'entrata in scena di Clemente Russo (Michele adulto), sembra sfibrarsi andando in cerca di soluzioni e situazioni non sempre ineccepibili: dal non facile ritorno sul ring dopo 8 anni di carcere alla fuga in Germania (teatro di lotte clandestine), passando per la partecipazione al fantomatico "Stammring", il film ritorna sui suoi passi per un finale che allude alla bellezza dopo innumerevoli peripezie e passaggi all'inferno: ma vi arriva stanco, quasi senza fiato, piegato su se stesso per i colpi incassati. E perde ai punti.